L'autocandidatura al Quirinale di Mario Draghi

L'autocandidatura al Quirinale di Mario Draghi

Logica ed etica, oltre che i principi costituzionali, escludono l’auto candidatura a Presidente della Repubblica, ma Mario Draghi lo ha fatto usando la figura retorica della preterizione, affermando cioè di non aver nessuna pretesa personale, ma preannunciando in pratica il suo desiderio di essere Presidente della Repubblica italiana.

Egli ha voluto rassicurare che la riduzione dei parlamentari di 335 posti si verificherà solo alla fine della legislatura e che quindi tutti avranno lo stipendio completo fino all’ultimo secondo, oltre il vitalizio.

Ha inoltre sottolineato che questa maggioranza resterà al governo, facendo intendere che le funzioni del Capo del governo passeranno a una persona di piena fiducia che continuerà la linea finora da lui perseguita.

In sostanza egli ha detto di aver adempiuto al suo mandato, di aver cioè arginato la pandemia con le vaccinazioni, di aver adempiuto a tutti gli obblighi imposti dal PNRR e che, di conseguenza, qualche altro potrà agevolmente perseguire la via tracciata.

Egli si è detto nonno delle istituzioni, delle quali è servitore, ma dal suo discorso si evince che egli considera le istituzioni servitrici di lui.

A mio avviso parlare di aver adempiuto ai suoi doveri può significare nella realtà che egli considera terminato il suo impegno a portare danni all’economia italiana secondo la volontà delle multinazionali e di quella parte di Europa che queste ultime sostengono.

Ricordo i casi di Alitalia, Ita (per la quale egli ha ridotto l’apporto statale da 3 miliardi a 1,3), il suo disegno di legge sulla concorrenza, che pone sul mercato beni e servizi demaniali appartenenti al Popolo sovrano, come il servizio di spiaggia e il servizio taxi, la delocalizzazione di molte imprese strategiche (per ultima la Caterpillar di Jesi), e proprio oggi, a suggello di questa politica economica deleteria per il Popolo italiano, arriva la notizia che il Superenalotto finisce in mano irlandese. E il discorso, lo si creda, potrebbe continuare a lungo.

Purtroppo egli ha ricevuto il plauso unanime della stampa, che tuttavia non pare abbia scosso l’indifferenza generale che domina le menti degli italiani.

Il suo discorso potrebbe essere considerato conclusivo di un’opera di distruzione del nostro Paese senza che sia possibile prevedere qualcosa di buona per l’imminente futuro.

Io resto convinto che l’unica arma di salvezza che abbiamo è il ricorso all’attuazione della Costituzione, nominata da Draghi per la prima volta solo ieri, per far capire la sua disponibilità a essere Presidente della Repubblica, e calpestata ignominiosamente dalla sua politica neoliberista, che non si occupa dei licenziamenti e delle perdite di lavoro, e parla di sviluppo riferendosi unicamente a quello delle grandi multinazionali da sempre nemiche dell’economia italiana.

Per questi motivi insisto che l’unica nostra salvezza è nell’attuare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Draghi Presidente della Repubblica? Ma ha dato prova di non voler attuare la Costituzione

Draghi Presidente della Repubblica? Ma ha dato prova di non voler attuare la Costituzione

La notizia che più emerge dai giornali odierni riguarda la disputa sull’elezione del Capo dello Stato, e sembra che il favorito in assoluto sia Mario Draghi.

Ciò che maggiormente sconcerta è che nessuno si rende conto che Mario Draghi è convinto fautore delle privatizzazioni, cioè della sottrazione a tutto il Popolo, e quindi a ciascuno di noi, dei beni e servizi costituenti il demanio inalienabile della Nazione secondo la vigente Costituzione repubblicana.

I segnali in questo senso, solo per limitarci agli ultimi atti, sono molteplici. Innanzitutto il governo vuole limitare il bonus edilizio per la ristrutturazione, la coibentazione e l’efficientamento energetico, che, tutelando l’ambiente e il risparmio dell’energia, reca benefici a tutto il Popolo. A prescindere dal fatto che detto bonus è stato il motore principale della ripresa economica italiana valutata intorno al 6% per il 2021.

Altro esempio è il fondo di solidarietà per i proprietari di immobili abbandonati e occupati da senza tetto. L’illogicità in questo caso è manifesta, perché si dà una specie di indennizzo ai proprietari e non si risolve il gravissimo problema di chi è privo di una, sia pur piccola, abitazione.

L’esempio più grave di tutti è l’inserimento nella manovra di bilancio di una sorta di legittimazione delle delocalizzazioni, per le quali, lungi dal farne valere l’assoluta illiceità, si prescrive soltanto una sorta di procedura consistente essenzialmente nell’obbligo di un preavviso di 90 giorni.

Ed è da notare che in questo caso è violentemente calpestato un principio imperativo, espresso dall’articolo 41 della Costituzione, secondo il quale: “l’iniziativa economica privata non può svolgersi contro l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana”. Per cui, appare evidente, che la delocalizzazione calpesta questo principio, e di conseguenza è da ritenere priva di effetti.

Il rimedio sta nel ricorrere, senza limiti di tempo, davanti al giudice ordinario, per farne dichiarare la nullità, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice civile.

Mi chiedo: il Capo di un governo, che calpesta in modo tanto evidente la Costituzione, può essere mai indicato come Presidente della Repubblica, il cui principale dovere è quello di difendere la Costituzione?

Che i politici e gli italiani tutti riflettano su questo aspetto.

Come al solito invito tutti ad attuare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Potremmo gioire, ma in realtà c'è molto da piangere

Potremmo gioire, ma in realtà c'è molto da piangere

La lettura dei giornali odierni dà risalto a due eventi che, a primo impatto, potrebbero farci piacere: Mario Draghi, con molta energia, ha fatto valere la sovranità italiana nei confronti dell’Europa, la quale aveva criticato l’Italia per aver adottato misure restrittive della circolazione trans-frontaliera, senza uniformarsi al preventivo parere della Commissione europea.

Il nostro Presidente del Consiglio ha sottolineato che il governo italiano ha spiazzato l’Europa difendendo meglio degli altri la salute dei cittadini, e ora questo vantaggio vuole essere eliminato dalla Commissione. D’altro canto, ha proseguito Draghi, si tratta di un’azione governativa dettata dalla necessità e dal buon senso.

Altra bella notizia è che il prestigioso giornale inglese L’Economist, ha indicato l’Italia come Nazione dell’anno.

Purtroppo, a ben vedere, nella sostanza abbiamo ben poco da gioire, sia per la designazione dell’Economist, sia per il comportamento di Draghi in sede europea, infatti si deve tener presente che l’Economist ha come socio di maggioranza la famiglia Agnelli che certamente vede di buon occhio Mario Draghi e che quest’ultimo resta un indomabile privatizzatore neoliberista, che sta aumentando il distacco tra la politica e le necessità economiche del Popolo, favorendo le multinazionali che gettano sul lastrico migliaia di lavoratori e le loro famiglie.

Significativo in proposito è il fatto che la stampa in genere, ha trascurato del tutto il grande successo dello sciopero generale, che ha visto affluire in molte piazze d’Italia, e specie a Roma, tantissimi cittadini che reclamavano il loro diritto a un lavoro stabile e duraturo.

Ed è da notare che in queste manifestazioni erano completamente assenti i politici, di solito molto presenti in situazioni di questo tipo, il che conferma una spaccatura, alla quale ho appena fatto cenno, tra il Popolo e i suoi rappresentanti che guidano la Nazione.

Ciò è confermato in modo eclatante dal fatto che Mario Draghi ha presentato un emendamento alla legge di bilancio con il quale si impone una severa verifica del funzionamento dei servizi idrici gestiti direttamente dai comuni e si indica la necessità di affidare la gestione dell’acqua a un gestore unico privato.

Un vero colpo contro gli interessi del Popolo e il referendum del 2011 che aveva visto la vittoria dei fautori dell’acqua pubblica con una schiacciante maggioranza.

Purtroppo anche dal campo avverso, e mi riferisco alla proposta di legge costituzionale, presentata dal parlamentare Giovanni Vianello, per inserire in Costituzione il diritto fondamentale all’acqua pubblica, non ci si è resi conto che l’articolo 43 della Costituzione già prevede la necessità del trasferimento alla mano pubblica o a comunità di lavoratori o di utenti, non solo dell’acqua e dei bacini idrici, ma di tutti i servizi pubblici essenziali e di tutte le fonti di energia, tra le quali c’è ovviamente l’acqua, oltre le situazioni di monopolio e le industrie strategiche.

Dunque l’inserimento in Costituzione del diritto all’acqua potrebbe essere addirittura controproducente, poiché potrebbe far ritenere che per ogni servizio e per ogni fonte di energia occorra una specifica previsione costituzionale.

Un pessimo risultato che renderebbe ancor più difficile la tutela del demanio costituzionale e cioè, non il demanio previsto dal Codice civile secondo i principi dello Statuto albertino, ma il demanio previsto in Costituzione, come proprietà pubblica demaniale, non dello Stato persona (la pubblica amministrazione), ma dello Stato Comunità, cioè del Popolo.

A mio avviso la Costituzione non va modificata, per i pericoli che tale modifica comporta, ma solo attuata e in particolare vanno attuati gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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