Sul piano della tutela ambientale, il continuo innalzamento della temperatura ha provocato lo scioglimento dei ghiacci polari, con l’effetto enormemente disastroso della diffusione nell’atmosfera dei gas di metano in Siberia, i quali una volta erano coperti dal ghiaccio, mentre ora si spandono liberamente nell’atmosfera.
Intanto brucia quasi l’intera California e i ghiacciai delle montagne più alte del mondo, comprese le nostre Alpi, vanno in malora, con la conseguenza che vien meno il rifornimento indispensabile dell’acqua potabile fornita dalle sorgenti a quota inferiore.
Di fronte a questo immane disastro tutto tace: la politica, le comunicazione radio-televisive, e in ultima analisi l’intera collettività.
Sul piano economico, ad opera soprattutto di Ursula Von der Leyen, sembra che la decisione di aiutare i Paesi danneggiati dal corona virus vada avanti sui quattro fronti da tempo stabiliti: Sure, Bei, Mes e Recovery fund.
Il Sure (sostegno al lavoro) dovrebbe portare in Italia 27,4 miliardi di euro di prestiti agevolati, per far in modo che le imprese non licenzino gli operai, ma si limitino a una semplice riduzione degli orari di lavoro, mantenendo immutati i livelli occupazionali e salariali.
La Bei (Banca europea per gli investimenti, fondata nel 1957 dai Trattati di Roma) dovrebbe finanziare con interessi agevolati i progetti presentati da banche e imprese, destinati a perseguire gli obiettivi stabiliti dall’UE.
Ricordiamo che alla sua attività si collega quella del Fei (fondo europeo per gli investimenti), del quale la Bei è maggiore azionista, che ha il compito di finanziare i progetti di piccole e medie imprese.
Il Mes (meccanismo europeo di stabilità), la cui utilizzazione è rimessa alla richiesta degli Stati membri e che, anche se depurato delle cosiddette condizionalità, mantiene sempre un forte potere di vigilanza da parte dell’Unione europea sull’utilizzazione dei fondi ottenuti dai singoli Stati membri e che ha il carattere inaccettabile dell’immunità penale, civile e amministrativa dei suoi operatori.
Infine il Recovery fund, cioè un fondo di recente istituito per far fronte alle emergenze del Covid-19, con soldi garantiti da tutti gli Stati europei. Fondo che è stato approvato dalla Commissione europea e attende di essere approvato dal Consiglio dei Ministri.
Una pioggia di denari, che, se ben gestiti, potrebbero effettivamente far fronte alle necessità economiche del momento, ponendo le imprese grandi, medie e piccole, nella possibilità di riattivare la vita dell’economia europea, sempre che il corona virus non imponga un nuovo lockdown.
Si tratta in sostanza di provvedimenti che riprendono le finalità una volta perseguite, in Italia, dall’Iri (istituto per la ricostruzione industriale), incautamente abolito, anche a seguito di un referendum gestito dal nascente sistema economico predatorio neoliberista.
L’atteggiamento europeo va dunque, ci sembra, in una direzione giusta, ma resta in piedi il punto debole della sua diversa ispirazione di natura economica: il denaro non è stampato dai singoli Stati, ma è creato dal nulla dalla BCE, per cui esso prima o poi dovrà essere restituito.
È dunque legittimo dubitare che tutti questi aiuti possono avere una efficacia duratura nel tempo, in quanto lasciano a carico dell’Italia (e degli altri Paesi indebitati), l’immenso debito pubblico che si è accumulato a causa del sistema economico vigente.
Se ne deve dedurre che, se davvero, si vuol tornare ad un’economia produttiva, sarà indispensabile riproporre il sistema economico produttivo keynesiano distrutto dai Trattati di Maastricht e di Lisbona (istitutivi della moneta unica), secondo il quale la ricchezza deve essere distribuita alla base della piramide sociale, cioè a tutti i lavoratori (il che assicura una costante domanda), e lo Stato, intervenendo nell’economia, deve essere esso a creare dal nulla la moneta: l’unico mezzo per eliminare l’ostacolo insormontabile del debito pubblico che, per sua natura, ostacola qualsiasi tentativo di ripresa.
Tutto questo è scritto a chiare lettere nel titolo terzo, parte prima, della vigente nostra Costituzione repubblica e democratica, che prevale sui Trattati di Maastricht e di Lisbona (art.11 Cost.), i quali, secondo la giurisprudenza costituzionale italiana e tedesca, devono ritenersi nulli se in contrasto con le norme costituzionali.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
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