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Stupore e perplessità: il Trattato del Quirinale è stato firmato oggi a sorpresa tra Macron e Draghi

Stupore e perplessità: il Trattato del Quirinale è stato firmato oggi a sorpresa tra Macron e Draghi

In tutta segretezza, per oltre un anno Draghi e i suoi collaboratori hanno lavorato alacremente per comporre un testo di accordo con la Francia sui seguenti temi: l’industria, la diplomazia, la sicurezza, i migranti fino a un servizio civile comune e, cosa più importante, il rafforzamento delle relazioni politiche, al punto che ci sarà anche uno “scambio” di ministri nei rispettivi vertici di governo.

Si afferma, da parte di Draghi, che questo accordo trae spunto dall’analogo accordo molto fruttuoso, in vigore da due anni, fra Germania e Francia.

In proposito la prima perplessità che si fa strada è che quest’asse franco-tedesco non ha per nulla giovato all’Unità europea e anzi ha rafforzato economicamente detti Stati nei confronti di tutti gli altri Stati membri.

Quanto al rapporto fra Italia e Francia è da porre in evidenza che, a differenza di quello fra Francia e Germania, si pone in situazioni fortemente squilibrate, da una parte la forte Francia, dall’altra la debole Italia.

E, è necessario ricordarlo, si tratta di una Francia, che sfruttando la sua migliore posizione economica, si è già impadronita di larghi settori dell’economia italiana: dalla moda, alla distribuzione alimentare, dal petrolio all’acqua, fino ai servizi bancari, di telecomunicazioni e dei trasporti e così via.

Il dubbio atroce è che più di collaborazione si tratta di subordinazione politica ed economica dell’Italia alla Francia.

Per ora possiamo solo dire che: il metodo usato e i contenuti dell’accordo sinora emersi costituiscono un colpo violento contro la sovranità dell’Italia, già ferita dalla sua partecipazione a questa Unione europea.

Sono convinto che la collaborazione può avvenire sul piano della politica estera, della difesa e dei migranti, ma non certo sul piano dell’economia, poiché, come ho detto, le economie interne di Francia e Italia sono fortemente squilibrate, e un Paese che si è impadronito anche di beni del demanio costituzionale che costituiscono il fondamento e l’esistenza stessa del nostro Stato-Comunità non è certo affidabile in un processo di unificazione economico.

Abbiamo una grande differenza fra l’economia del nord e quella del sud e figuriamoci cosa accadrà nel confronto fra l’economia francese e quella italiana.

Ripeto che a mio avviso va difeso a denti stretti il nostro demanio costituzionale, che deve essere oggetto solo della proprietà pubblica demaniale del Popolo italiano, ed è costituito, quanto meno: dal paesaggio e dal patrimonio artistico e storico (art. 9 Cost.), nonché dai servizi pubblici essenziali, dalle fonti di energia, dalle situazioni di monopolio e dalle industrie strategiche (art. 43 Cost.), pena la distruzione dello stesso Stato-Comunità.

E pertanto invito, con tutte le mie forze, i nostri parlamentari e gli italiani a imporre a Draghi l’osservanza degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Draghi e il suo fedele Altavilla non hanno remore nel violare di fatto la nostra Costituzione

Draghi e il suo fedele Altavilla non hanno remore nel violare di fatto la nostra Costituzione

È incredibile, ma il nostro Presidente del Consiglio Mario Draghi, che certamente non può non conoscere in profondità la nostra Costituzione, dimostra che egli non si preoccupa minimamente, che i suoi discorsi e le sue azioni, platealmente la violino.

Esempio incontrovertibile è l’atteggiamento che egli ha assunto nei confronti della manifestazione di intenti di Kkr per l’acquisto totale di Tim. Egli, che dispone del potere di golden power, che dovrebbe essere assolutamente esercitato in questo caso, anziché vietare l’Opa per la svendita di questa industria strategica, palesa chiaramente la sua neutralità di fronte a questo avvenimento e sottolinea tre sue preoccupazioni: quella di tutelare l’occupazione (se e in quanto possibile, ndr), ritenere prioritaria la tutela della tecnologia e ritenere prioritaria la protezione della rete, il che significa che, assicurate queste condizioni, gli Stati Uniti possono ben appropriarsi di Tim.

Tutto questo contrasta violentemente contro moltissime norme della Costituzione e dimostra un atteggiamento ingannevole da parte di Draghi, mirante a edulcorare queste violazioni con parole che possono convincere soltanto le persone più fragili e meno preparate.

Il servizio di telefonia, come ho detto ieri, è un sevizio pubblico essenziale, costituisce anzi un bene immateriale che appartiene al Popolo a titolo di sovranità, come proprietà pubblica demaniale, nel senso che la sua perdita costituisce la distruzione di un elemento costitutivo sul quale si regge lo Stato-Comunità.

Appare evidente, dunque, che Draghi stia violando l’articolo 1 della Costituzione, nonché tutti quegli articoli che si riferiscono alla proprietà pubblica del Popolo italiano.

E precisamente l’articolo 42, secondo il quale la proprietà è pubblica (e quindi demaniale e inalienabile) o privata; l’articolo 41, secondo il quale le negoziazioni non possono avvenire in contrasto con l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà, la dignità umana; l’articolo 43, secondo il quale sono beni in proprietà pubblica demaniale i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio e le industrie strategiche.

Insomma questa cosiddetta neutralità di Draghi, che meglio si definirebbe indifferenza, costituisce un vulnus irreparabile contro l’esistenza stessa del nostro Stato-Comunità.

E, come è evidente, essa viola anche l’articolo 54 Cost., secondo il quale: “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”, senza violare la Costituzione su cui hanno giurato.

Fanno eco a questo atteggiamento di Draghi le indegne parole pronunciate dal suo uomo di fiducia Altavilla, posto a capo della nuova piccola compagnia aerea Ita Airways, il quale, usando parole impronunciabili, ha sfidato i sindacati, dicendo di voler licenziare, al compimento dei 4 mesi di prova, tutti i dipendenti di Ita, provenienti da Alitalia e iscritti a sindacati.

Insomma egli fa il padrone con beni che non appartengono a lui, ma alla comunità di tutti i cittadini italiani. Egli, in particolare, così facendo, ha violato in pieno l’articolo 39 della Costituzione, secondo il quale: “l’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”.

Come si nota si tratta di un attacco coordinato per declassare il ruolo dell’Italia anche a livello europeo, se si pensa che uno Stato senza un suo consistente demanio pubblico è aggredibile da qualsiasi forza economica straniera. E questo addirittura in vista della firma del Trattato del Quirinale, che avverrà a Parigi, il 29 novembre prossimo, dove si recherà il Presidente della Camera Roberto Fico per sancire, molto assurdamente, la necessità di attuare consigli dei ministri unificati Italo-Francesi, per decidere sulle materie di maggiore importanza per l’Italia e per la Francia, nella prospettiva che a questo metodo aderiscano anche gli altri Paesi europei.

Il che significa che un Paese economicamente debole come il nostro si offre, come vittima sacrificale, per la costituzione di un’Europa dominata dalle multinazionali e dalla finanza, secondo quanto prescrive il pensiero unico dominante neoliberista.

Ed è per questo che insisto per l’attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica, che prevale sui Trattati europei e internazionali.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Le insidie contro l'indipendenza italiana stanno per prendere corpo. Attenzione Popolo sovrano!

Le insidie contro l'indipendenza italiana stanno per prendere corpo. Attenzione Popolo sovrano!

La stampa odierna distrae unanimemente l’opinione pubblica parlando di greenpass. E solo nelle ultime notizie dei giornali (per il Corriere della sera a pagina 36) si fa cenno alla gravissima situazione della proprietà della rete della fibra ottica e della sua piattaforma gestionale.

Eppure si tratta di un argomento strategico che investe anche aspetti miliatari di difesa nazionale, nonché, e questo non è davvero da trascurare, la possibilità di accedere, da parte di chi gestisce questi servizi, a informazioni e dati sensibili che riguardano ogni singolo cittadino.

Attualmente la fibra ottica, e cioè quello che potremmo definire il canale principale che reca l’effettiva connessione a internet in prossimità delle abitazioni, è gestita all’80% da Tim e al 20 % da Open Fiber, mentre, lo si tenga ben presente, il capitale di Tim versato è pari a 11.677.002.855,10 euro, ed ha la seguente composizione:

Vivendi  23,75%
Cassa Depositi e Prestiti9,81%
Gruppo Telecom Italia1,01%
Investitori istituzionali italiani3,57%
Investitori istituzionali esteri41,28%
Altri azionisti  20,58%

mentre il capitale versato di Open Fiber è di appena 250 milioni, la cui composizione è la seguente:

Cassa Depositi e Prestiti60%
Fondo australiano Macquarie40%

In questo quadro appare evidente, che minima è la ricchezza di Open Fiber, mentre, per quanto concerne Tim il socio di maggioranza è la francese Vivendi. Ed è assolutamente da sottolineare che secondo la Costituzione la rete della fibra ottica e il passaggio dalla fibra ottica agli utenti finali (la cosiddetta piattaforma gestionale) devono essere in mano pubblica, poiché si tratta di servizi pubblici essenziali, i quali sono parte del demanio, costituzionalmente interpretato, e quindi sono inalienabili, inusucapibili e inespropriabili.

Viceversa al momento è tutto in mano dei privati, i quali, Vivendi in testa, hanno il solo scopo di ottenere il massimo guadagno possibile, nella trattativa in corso con la statunitense Kkr, omettendosi così qualsiasi attenzione per quanto riguarda l’utilizzo e la privacy dei singoli utenti.

In questa situazione di enorme gravità il governo tace e affida lo studio, come avviene di solito, a una commissione di esperti, in attesa di quanto si verificherà sul piano commerciale e non si può non osservare che in casi di questo genere, in cui sono in gioco fortissimi interessi nazionali, il governo deve essere in prima linea e disporre esso le azioni da compiere.

E d’altronde si tratta di una sola azione: la nazionalizzazione della rete di fibra ottica e della piattaforma gestionale della stessa. A tal riguardo non si può opporre la mancanza di fondi, poiché abbiamo a disposizione quelli del PNRR, che sono molto abbondanti per quanto riguarda per l’appunto questo settore.

E non è da disattendere l’opinione di chi vede il motivo ispiratore della proposta della statunitense Kkr proprio nell’acquisizione dei soldi del PNRR. Considerato che dalla privatizzazione di Telecom, che brillava per i suoi profitti quando era nelle mani pubbliche, la situazione della subentrata Tim, è peggiorata enormemente, con un notevole accrescimento dei debiti.

Questo atteggiamento governativo è estremamente preoccupante, perché si collega all’iniziativa di Draghi e Macron di una molto stretta collaborazione politica ed economica prevista nel cosiddetto Trattato del Quirinale, in virtù del quale il 29 novembre prossimo il Presidente della Camera Roberto Fico dovrà recarsi a Parigi per stringere un accordo con l’omologo francese per una cooperazione strutturata tra le due Camere, che prevede anche Consigli dei ministri unificati. E ciò senza che prima sia stato informato il Parlamento e con un’azione di vertice che non è assolutamente compatibile con il nostro ordinamento costituzionale, nel quale la sovranità appartiene, non al governo, ma al Popolo, il quale agisce attraverso la è rappresentanza di deputati e senatori.

Tutto questo è un assurdo politico e giuridico, perché propone, sull’esempio di quanto è sempre avvenuto ed avviene nel Consiglio europeo, che le decisioni che ci riguardano direttamente vengono assunte sulla base delle forze in campo e quindi sempre a nostro discapito.

E la mia preoccupazione sta proprio nel constatare che questa subordinazione dell’Italia allo straniero viene ripetuta proprio nel rapporto con la Francia, attraverso Consigli dei ministri congiunti, dove ovviamente prevarrà la forza politica e economica della Francia sulla debolezza politica e economica dell’Italia.

Praticamente una resa ai francesi in vista della definitiva annessione dell’Italia alla Francia.

Ovviamente tutto questo mette sotto i piedi in modo irrituale e offensivo per il Popolo italiano, la nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Qui si sta intaccando sul serio la stessa sopravvivenza e la stessa indipendenza del nostro Stato-Comunità. È indispensabile pertanto che tutti coloro che esprimono il loro malessere partecipando a numerose manifestazioni di piazza pongano come fine delle stesse la difesa dell’economia e dell’indipendenza italiana in ambito europeo, chiedendo l’immediata nazionalizzazione dei servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia, delle situazioni di monopoli e delle industrie strategiche, come prevede l’articolo 43 Cost.

Come al solito invito tutti a chiedere l’attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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A causa delle micidiali privatizzazioni sono in gioco le telecomunicazioni, che servono anche alla difesa nazionale

A causa delle micidiali privatizzazioni sono in gioco le telecomunicazioni, che servono anche alla difesa nazionale

La notizia che occupa la maggior parte dei giornali odierni si riferisce alla vicenda Tim, per la quale c’è la proposta, come ho detto ieri, di un’offerta amichevole (e al ribasso) di 11 miliardi per l’ acquisto da parte del fondo americano KKR.

È evidente che l’interesse del fondo americano nasce dal fatto che, a seguito della privatizzazione di Telecom, la quale ha tolto agli italiani la proprietà pubblica della telefonia, la subentrata Tim non ha più investito i profitti in attività produttive, ma li ha divisi fra i soci, producendo gravissime perdite. E di qui la debolezza della quale intende oggi giovarsi il fondo americano.

C’è da tener presente inoltre, che il prospettato intervento americano ha pure un valore geopolitico, poiché gli Stati Uniti, per combattere l’invadenza cinese, tendono ad appropriarsi di tutti qui beni e servizi che potrebbero essere comprati dai cinesi medesimi, e in questa situazione spetta a noi difendere i nostri beni, considerandoli, come vuole la Costituzione, parte del demanio costituzionale del Popolo e pertanto inalienabili, inusucapibili e inespropriabili.

Ed è da sottolineare che Tim, la cui capitale è quasi tutto in mano straniera, possiede la rete nazionale del rame e della fibra ottica, insieme, per una piccola parte, con Open Fiber (rete che fu pagata dagli italiani, i quali, a seguito di detta privatizzazione sono rappresentati in Tim soltanto per il 9,8% del capitale da parte di Cassa Depositi e Prestiti), una rete che ha anche funzioni di intelligence e che tira in ballo la stessa difesa militare dell’Italia.

Di fronte a questa articolata e, per gli italiani, dannosissima situazione, esiste una sola via d’uscita: la nazionalizzazione di tutte le imprese concernenti l’infrastruttura della rete nazionale in rame e fibra ottica.

Questa volta, pagando con denaro contante, l’indennità di esproprio (un altro effetto dannoso delle privatizzazioni), facendo in modo che almeno i benefici del PNRR vadano agli italiani e non agli speculatori stranieri.

Tutto questo è imposto, con una norma specifica, dall’articolo 43 della Costituzione, secondo il quale, come più volte ho ripetuto, i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio e le industrie strategiche devono essere in mano pubblica o di comunità di lavoratori o di utenti.

Se il governo verrà meno anche a questo suo preciso dovere dimostrerà di voler agire contro gli interessi italiani e a favore degli interessi speculativi di soggetti stranieri.

Concludo ricordando che le privatizzazioni distruggono i beni che sono in proprietà pubblica demaniale del Popolo e sono pertanto elementi costitutivi dello Stato-Comunità (cioè del Popolo stesso), il quale non può esistere senza mantenere fuori commercio questi beni e servizi essenziali.

Come al solito invito tutti a prodigarsi per l’attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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