La diplomazia fallisce. La guerra continua.

La diplomazia fallisce. La guerra continua.

Abbiamo vissuto 77 anni di pace in un mondo globalizzato nel quale si è pensato soltanto a soddisfare bisogni individuali molto spesso sprecando inutilmente risorse ai danni dell’ambiente e del territorio.

Improvvisamente l’aggressione di Putin contro l’Ucraina ha travolto questo stato di cose, nel quale ha dominato il rilassamento anche mentale dei cittadini dell’intero occidente.

Si è trattato di un attacco improvviso che ha fatto risvegliare questo sopore e che a coloro che sono in età avanzata ha fatto immediatamente ricongiungere gli orrori della Seconda Guerra Mondiale agli orrori odierni.

Per chi lo ha vissuto, la guerra è senz’altro una tragedia immane e chi la scatena è un super criminale.

In questa situazione si distingue il piano della diplomazia e quello della realtà bellica. Sul piano diplomatico tutto il mondo occidentale è unanime nel condannare la guerra, ma gli sforzi diplomatici si scontrano con la doppiezza della politica di Putin, il quale, dopo aver assicurato a Macron (l’unico interlocutore europeo con la Russia) che sarebbero state risparmiate le vittime civili, ha invece fatto bombardare le città ucraine con bombe a grappolo che hanno ucciso migliaia di persone, bambini compresi.

Questo atteggiamento ha spinto la Germania al riarmo destinando a questo fine il 2% del Pil e ha indotto la Presidente dell’Unione europea ha comunicare che sono stati stanziati dall’Europa 500 milioni di euro per la costruzione di armi letali.

Quello che è difficile da realizzare è un esercito europeo con un comando unico, come è stato dimostrato nella Seconda Guerra mondiale quando, su insistente proposta di Jean Monet, inglesi e americani formarono un comando unico detto degli alleati.

Quello che è certo è che la guerra in Ucraina continua con grande spargimento di sangue, nel sud è caduta la città di Kherson alle 8.15 di questa mattina, mentre sono sotto assedio Odessa e Mariupol, la cui caduta consentirebbe il passaggio diretto delle truppe russe dalla Crimea all’Ucraina. Anche Kiev è sotto assedio, stretta in una morsa tra Nord, Est e Sud, alla quale hanno risposto gli ucraini con grande fierezza, disposti anche ad immolare la vita per difendere la capitale del loro Paese. Intanto da parte occidentale sono stati inviati uomini e mezzi per sostenere gli ucraini in questa terribile e tragica avventura.

La soluzione diplomatica appare dunque lontana e la volontà di Putin di andare avanti sembra irrefrenabile, anche perché, a quanto pare, la sua azione trova il consenso della maggioranza dei russi.

Lo spettro di un allargamento della guerra oltre i confini ucraini e contro i Paesi che fanno parte dell’Unione europea diventa sempre più probabile, anche perché la risposta data dall’Occidente con le sanzioni economiche, ha recato danni all’una e all’altra parte, e certamente non ha impressionato il dittatore russo.

D’altro canto la risposta di Ursula Von der Leyen, la quale ha confermato l’annessione dell’Ucraina all’Unione europea e alla Nato, ha fortemente rafforzato l’intento russo di continuare con le azioni di guerra.

A voler essere i più equanimi possibili c’è da dire che l’entrata nell’Unione europea dei Paesi del Visegraad e della Lega baltica effettivamente ha allarmato Putin, il quale si è visto nella necessità di frenare questa lenta estensione delle potenze occidentali verso est.

La situazione attuale dimostra che la tanto osannata globalizzazione mondiale si è sciolta improvvisamente come neve al sole e sono tornati a fronteggiarsi due blocchi, quello orientale sostenuto dall’imperialismo russo che schiaccia le libertà e le economie dei Paesi satelliti e quello occidentale anglo americano che lascia la libertà (rendendolo più accettabile del primo, come dimostra la migrazione verso ovest di molti ucraini), ma schiaccia l’economia dei Paesi più deboli dell’Europa.

Un quadro davvero desolante, del quale però occorre realisticamente prenderne atto. In questa situazione sembra che la proposta russa di rendere neutrale l’Ucraina e probabilmente anche altri Paesi con la Russia confinanti, non appare del tutto infondata. Infatti tra due potenze che tendono a una continua guerra economica di posizione tra l’una e l’altra, la migliore situazione da adottare sembra proprio quella alla quale poc’anzi ho fatto riferimento.

Purtroppo non credo che allo stato in cui siamo arrivati ci sia molto da sperare e a noi non resta che animare l’opinione pubblica dell’Occidente verso la pace scrivendo sulla nostra bandiera le parole dell’articolo 11 della Costituzione: “l’Italia ripudia la guerra”.

Allego una dichiarazione degli scienziati russi che si sono posti su questa linea di pace.

Sempre con maggiore dolore e tristezza invito tutti a dare attuazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Lettera aperta di studiosi, scienziati ed esponenti del giornalismo scientifico russi contro la guerra con
l’Ucraina

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Putin aggredisce e conquista l'Ucraina, il rimbalzo economico di questa azione colpisce economicamente e politicamente l'Italia

Putin aggredisce e conquista l'Ucraina, il rimbalzo economico di questa azione colpisce economicamente e politicamente l'Italia

L’aggressione premeditata, nascosta fino all’ultimo minuto, e poi effettuata di sorpresa per la conquista da varie parti dell’Ucraina da parte di Putin è un gesto esecrabile, incivile, in violazione dei diritti umani e di tutti i Trattati internazionali e soprattutto in contrasto con la nostra Costituzione che, all’articolo 11 “ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali”.

Con grande cinismo Putin ha riversato sull’indifesa Ucraina una quantità enorme di uomini e mezzi in modo da conquistarla, compresa la capitale Kiev, in appena 30 ore.

Il disappunto internazionale è stato unanime, ma la reazione del mondo occidentale, che soffre delle limitazioni psicologiche e materiali provocate dal pensiero unico dominante del neoliberismo, è stata fiacca e dispersiva.

Si è reagito con le sanzioni economiche, delle quali Putin non ha alcun più pallido timore, anche perché nei suoi forzieri dispone di oltre 600 miliardi di dollari e comunque ha l’aiuto sicuro, da secoli scritto sulla pietra, della confinante Cina. La quale si appresta a seguire l’esempio di Putin per quanto riguarda la conquista della separatista Taiwan.

Il fatto più importante, cioè il pericolo maggiore, riguarda l’Europa, che si presenta economicamente sbrandellata, a seguito di una lotta mercantile degli Stati più forti, che hanno conquistato la ricchezza nazionale e gli stessi beni demaniali degli Stati più deboli, come Grecia e ora Italia, la quale come ultimo atto ha avuto la dannosa idea di svendere a Svizzera e Germania l’ultima piccola compagnia aerea Ita, ritirandosi definitivamente dalla fruttuosa fonte di guadagno del trasporto aereo.

Non si è capito che gli Stati uniti d’Europa dovevano essere uno Stato federale, composto da Stati di pari forza economica, e non un’area di conquista dei più ricchi ai danni dei più poveri.

L’Euro non ha risposto alle condizioni che impone l’articolo 11 della nostra Costituzione, il quale prevede che si possa consentire a limitazioni di sovranità, non per distruggere il proprio demanio costituzionale, come è avvenuto, ma per la costituzione di un ordinamento che assicuri la giustizia e la pace fra le Nazioni.

Ora l’Italia, che ha ceduto la sua ricchezza nazionale, soprattutto a Francia e Germania, non ha voce in capitolo e non ha la minima forza per poter sostenere l’indipendenza ucraina. E l’Europa è anche essa disgregata poiché i vari Stati, proprio in virtù del neoliberismo, si sono messi in concorrenza economica l’uno contro l’altro e hanno impedito che si formasse un vero Stato federale fondato sulla parità economica degli Stati, condizione essenziale per poter svolgere una reale politica internazionale a proposito della questione ucraina.

Insomma manca una politica estera comune e non esiste un esercito europeo, che si cercò di creare dopo il Trattato di Roma, ma si trattò di un’iniziativa stroncata dalla Francia.

Tutti vorremmo aiutare l’Ucraina, la quale giustamente lamenta di essere stata abbandonata, ma purtroppo essa è la prima vittima di questo balordo sistema economico predatorio neoliberista che spinge gli Stati all’egoismo e non alla collaborazione.

L’unico obiettivo che ora si può perseguire è quello di aiutare economicamente la popolazione Ucraina, tanto ingiustamente repressa dal potere dispotico di Putin, e accogliere le altre migliaia di profughi che da quel Paese arriveranno negli Stati europei.

È una conclusione molto triste, che deriva, come detto, dall’affermazione del sistema economico egoistico neoliberista.

Ben diverso sarebbe potuto essere l’atteggiamento italiano, se avessimo conservato il nostro patrimonio pubblico, al cui posto ci sono ora soltanto miliardi di debiti pubblici, essendo stata distribuita la nostra ricchezza a singoli soggetti, che l’hanno usata per fini personali, caricandola di debiti e poi svendendola agli stranieri (come ad esempio è avvenuto per la Telecom che prima è passata in mano spagnola, poi in mano francese e ora è nel mirino di fondi internazionali statunitensi come Kkr).

Certamente gli Stati uniti d’Europa non potevano nascere dalla dissoluzione degli Stati più deboli. Ed ora quello che manca, come ho detto, sono proprio gli Stati Uniti d’Europa, i quali, Italia in testa, subiranno i terribili effetti dei rimbalzi economici provocati da questa ingiusta guerra, che appare inarrestabile perché sostenuta dalla volontà priva di coscienza di un vero dittatore.

Ciò nonostante e sempre con maggiore sofferenza, invito tutti a dare attuazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

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Con le privatizzazioni si è perso il patrimonio pubblico indispensabile nelle situazioni di emergenza

Con le privatizzazioni si è perso il patrimonio pubblico indispensabile nelle situazioni di emergenza

Ho sempre posto in evidenza che l’aggregazione dei singoli in una Comunità statale implica necessariamente la formazione di un patrimonio pubblico che sia posto in sicurezza, riservando allo Stato la sua proprietà e la sua gestione, in modo da poter far fronte a esigenze che riguardano tutti e quindi non possono essere rimesse alle decisioni di singoli, ma dello Stato nella sua interezza.

La prima conferma di quanto ho detto si è avuta nella grave situazione determinata dalla pandemia di coronavirus. In questo caso certamente non sono stati i cliniche private a curare le migliaia di persone infette, ma quel poco della sanità pubblica, con gli eroici comportamenti del personale medico pubblico, che si era salvata dalla privatizzazione.

Ora il problema riguarda l’aumento dei prezzi energetici e, specialmente, quello del gas, a causa della gravissime tensioni fra Russia e Stati Uniti per la situazione geopolitica che si è creata in Ucraina, trattandosi di due prodotti che interessano tutta la collettività e che non potevano esser ceduti a privati.

Aver privatizzato i servizi pubblici essenziali e le fonti di energia significa aver tolto allo Stato la possibilità di intervenire in questi campi, poiché certamente i privati e le multinazionali che si sono accaparrati questi beni mirano al loro personale interesse e non hanno alcuna intenzione di preoccuparsi degli interessi di tutti.

Stesso discorso è da fare per l’inflazione dilagante che ci ha colpito e che ha riguardato sopratutto le fonti energetiche, basti pensare che solo per gas e luce si è avuto un aumento delle bollette del 103,4%.

Anche qui si chiede un intervento dello Stato, ma come può intervenire lo Stato se tutto il patrimonio pubblico è stato dato ai privati?

Purtroppo anche di fronte a questi avvenimenti innegabili il nostro governo prosegue nelle sue privatizzazioni e svendite e la risposta a questi problemi sta addirittura nella vendita a trattativa privata di Ita (della quale si è parlato ieri) alla svizzera MSC crociere e alla tedesca Lufthansa, in modo che anche i proventi, lauti e sicuri, provenienti dal trasporto aereo, non restino più in mano italiana, ma in mano straniera.

Non mi resta che ribadire, con vero rimpianto, la necessità di attuare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Governo e Parlamento sbandano e l'Italia corre verso l'autodistruzione

Governo e Parlamento sbandano e l'Italia corre verso l'autodistruzione

Dalla stampa odierna si trae il convincimento di una grave confusione di idee nel rapporto fra governo e maggioranza parlamentare.

A parte ogni polemica, mi preme sottolineare che i parlamentari, in palese violazione della modifica all’articolo 9 della Costituzione, che fa obbligo al legislatore di proteggere la vita degli animali, ha aumentato da 6 mesi a tre anni il periodo in cui rimane ancora lecito utilizzare le inaudite sofferenze degli animali ai fini della fabbricazione dei farmaci. È ciò è avvenuto senza tener conto del fatto che, come dimostrato dalla scienza, imporre queste atroci sofferenze agli animali è assolutamente inutile, perché ci sono migliaia di altri strumenti per la fabbricazione di farmaci idonei a salvaguardare la vita dell’uomo.

Una decisione estremamente oscura sotto il profilo e la considerazione della vita umana come parte della vita universale che ovviamente comprende anche la vita degli animali e delle piante.

Si direbbe che è stato sconfitto sul nascere quell’auspicato mutamento dell’orientamento costituzionale antropocentrico a favore del biocentrismo.

Altro effetto estremamente negativo è quello dell’approvazione della messa a gara a bando europeo del litorale marittimo, fluviale e lacuale italiano, ponendo così in commercio un servizio pubblico essenziale che, essendo di preminente interesse generale e oggetto di proprietà pubblica demaniale del Popolo italiano, non può essere, né alienato, né svuotato di contenuto, concedendo a stranieri la cosiddetta piattaforma gestionale del servizio stesso (in termini privatistici si direbbe: donare agli stranieri l’usufrutto di tali beni e riservare al Popolo la nuda proprietà pubblica).

Il che è assolutamente inammissibile, poiché ai sensi dell’articolo 42, primo comma, primo alinea: la proprietà pubblica non solo è inalienabile, ma è anche incomprimibile, e cioè piena ed è inidonea ad essere svuotata del suo contenuto.

In conclusione la cosa più grave è che governo e maggioranza hanno le idee offuscate dal pensiero neoliberista, il quale vuole che siano in mano privata tutte le fonti di produzione di ricchezza nazionale, affidando così al caso, piuttosto che a una chiara programmazione economica dello Stato, la stessa politica economica, la quale è diventata un puro nome privo di significato, in quanto non più idonea a perseguire fini di interesse pubblico. L’Italia è diventata così il luogo dello shopping delle multinazionali e dei Paesi economicamente più forti, che comprano la nostra ricchezza a prezzi stracciati, provocando disoccupazione, riduzione della domanda interna, fine dello sviluppo economico e quindi miseria generalizzata.

Come al solito invito tutti a dare attuazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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Le concessioni balneari: per un fine giusto si persegue una soluzione inadeguata

Le concessioni balneari: per un fine giusto si persegue una soluzione inadeguata

Il nodo dello scandalo, molto risalente nel tempo, delle concessioni balneari è venuto al pettine. Ieri sera il Consiglio dei Ministri ha deliberato di porre fine a questo stato di cose, ma non si è accorto che scegliendo ancora lo strumento della concessione a terzi mediante gara europea il problema resterà assolutamente insoluto.

Il lido del mare è proprietà collettiva demaniale del Popolo e, in linea di principio, deve essere accessibile a chiunque, dovendosi ritenere giuridicamente possibili soltanto quelle attività che riguardano il migliore uso delle spiagge, con l’affitto degli ombrelloni, delle sedie a sdraio, l’uso del bar, ecc.

Qualora si ritenesse che sia utile al Popolo italiano l’esercizio di una vera e propria industria balneare, tenuto conto che si tratta di proprietà pubblica demaniale inalienabile, inespropriabile e non passibile di concessione (nonostante questo concetto sia tanto diffuso nell’immaginario collettivo), la quale svuoterebbe di contenuto la proprietà pubblica, traducendosi in una sorta di trasferimento temporaneo della proprietà del lido, l’unica formula giuridicamente ammissibile è quella di una cooperazione (ai sensi dell’articolo 45 della Costituzione) tra Comune, che agisce in nome e per conto (e cioè in rappresentanza) della Comunità, e alcuni soggetti privati che vogliano gestire i tradizionali stabilimenti balneari.

Si potrebbe pensare ad esempio a un tipo di società tra Comune e privati i cui ricavi (provenienti dai biglietti d’ingresso e dall’utilizzo di docce, ombrelloni, sedie a sdraio, ecc.) siano gestiti in condizione di parità dal Comune, che rappresenta tutti i cittadini, e gli esercenti degli stabilimenti balneari, considerati come parti della comunità italiana ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, che considera il cittadino sia come singolo, sia come parte della comunità in cui vive, con un sistema di riparto dei ricavi improntato ad equità.

aIn tal modo tutto resterebbe nelle mani del Popolo, considerato nel suo complesso, e non si correrebbe più il rischio, immanente ed attuale, di trasformare le concessioni in uno strumento di guadagno da parte degli stranieri ai danni della proprietà pubblica demaniale inalienabile e incomprimibile del Popolo sovrano.

Si tratta, nella realtà, di un’operazione non facile, specie in riferimento alla cultura giuridica che si è finora affermata, la quale, non rendendosi conto che passandosi dallo Statuto di Carlo Alberto alla Costituzione repubblicana, la natura della appartenenza dei beni cosiddetti pubblici ha abbandonato lo schema della proprietà privata (secondo la quale si giustificano le concessioni), ed è passato allo schema della proprietà pubblica incomprimibile del soggetto plurimo cui appartiene la sovranità: il Popolo.

Ed è per questo che il problema in questione va risolto al di fuori di gare europee, e all’interno di una cooperazione fra tutti i cittadini italiani, veri proprietari pubblici delle zone balneari.

Come al solito ribadisco che tutti i problemi trovano soluzione in base ai principi e alle norme costituzionali e in particolare negli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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L'inflazione galoppa e la perdita del demanio pubblico impedisce l'utilizzo di beni nazionali e le necessarie riconversioni industriali

L'inflazione galoppa e la perdita del demanio pubblico impedisce l'utilizzo di beni nazionali e le necessarie riconversioni industriali

Dalla stampa odierna emerge che l’immaginario collettivo, in genere di memoria breve, ha presto dimenticato il problema cruciale e fondamentale del surriscaldamento terrestre e ora è spaventato dalla riemersione dell’inflazione che aumenta a pieno ritmo.

Quello che non entra nella mente dei politici, e in genere quasi di tutti gli italiani, è che l’aver distrutto le fonti di produzione di ricchezza del patrimonio pubblico, donandole, con cifre irrisorie a singoli privati, i nostri politici, a partire dall’assassinio di Moro in poi, non hanno tenuto conto che il nostro Stato comunità, ha bisogno di mezzi propri per soddisfare le esigenze della popolazione e la sua stessa conservazione, evitando di disperdere il proprio demanio (che è inalienabile, inusucapibile e inespropriabile), per questo costituito, con concessioni quasi gratuite a privati, spesso stranieri.

Non sfugge che in questo ultimo improvviso e forte rimbalzo dell’inflazione il nostro governo si trova in grande difficoltà proprio perché l’Italia, che potrebbe sopravvivere con le proprie riserve di gas e metano, ha avuto nel passato la brillante idea, attuata soprattutto da Renzi, di svendere a compagnie straniere tutto il petrolio che giace nel mare territoriale Adriatico, mentre già prima, e cioè con Decreto legge del 1992, il governo Amato aveva privatizzato, oltre l’INA e l’IRI, anche l’ENI e l’ENEL, le cui sorti ora sono decise da singoli privati, e al riguardo è opportuno ricordare che l’ENEL ha fatturato nel 2021 oltre 88 miliardi di euro, ben 23 miliardi in più dell’anno precedente, guadagni che non finiscono nel bilancio dello Stato, ma restano nelle mani della S.p.A. ENEL, che ovviamente persegue fini privatistici e non di interesse nazionale.

Il feroce mostro da abbattere, il nostro più grande nemico, come più volte ho detto, è la privatizzazione, cioè il trasferimento illecito dei beni appartenenti in proprietà pubblica a tutti (art. 42 Cost., comma uno, primo alinea), a singoli cittadini, soprattutto a stranieri.

Fortemente errata, a mio sommesso avviso, è anche la politica di sostegno che, con denari presi a prestito, il governo effettua per aiutare l’edilizia e altri settori, facendo in modo che privati spregiudicati, e spesso della malavita, si siano avventati su tali somme, producendo scandali di ogni tipo e soprattutto un numero enorme di morti sul lavoro.

È possibile indebitarsi, ma solo per spese di investimento, capaci di coprire il debito in limitati periodi di tempo , ma se il denaro pubblico (ripeto, preso a prestito) viene speso da una serie indecifrabile di soggetti economici legati solo ai loro personali interessi, è ovvio che vien meno il guadagno necessario per ripagare il debito medesimo, e tutto cade sulle spalle del Popolo in un precipitare senza fine.

Problema importante è anche quello della riconversione industriale, la quale richiede un intervento massiccio del governo, cui spetta, ai sensi dell’articolo 41, comma 3, il coordinamento delle attività economiche pubbliche e private, un coordinamento che non può più esistere per la semplice ragione che il pubblico, e cioè l’intervento dello Stato nell’economia da imprenditore, è stato ceduto ai privati e senza l’attività economica pubblica è impossibile coordinare a fini pubblici le libere scelte dell’iniziativa economica solo privata.

Quanto detto vale per l’aumento delle bollette gas/luce, ma vale anche per tutti gli altri beni di prima necessità che l’aumento di queste fonti energetiche comporta.

Ribadisco dunque l’assoluta necessità di ricostruire il nostro demanio costituzionale, che riguarda gli interessi del Popolo sovrano, soggetto plurimo, e non gli interessi dello Stato-persona, soggetto singolo (maschera dietro cui si nasconde il reale potere), dando risalto alla fondamentale distinzione fra beni che devono essere fuori commercio per la costituzione e il mantenimento della Comunità , ai quali fanno riferimento i novellati articoli 9 e 41 della Costituzione (modifica costituzionale dell’8 febbraio 2022), che pongono tra i principi inderogabili anche la salute e l’ambiente, facendo capire che è solo il demanio pubblico lo strumento adatto per l’attuazione di un lavoro non precario e per il progresso materiale e spirituale della società.

Ma il governo continua a tenere gli occhi bendati su questa verità costituzionale e ne è prova il fatto che, come previsto, il nostro trasporto aereo, già ridotto dalla grande Alitalia alla piccola ITA, passa definitivamente agli imprenditori stranieri, svizzeri (MSC crociere) e tedeschi (Lufthansa).

Purtroppo siamo dominati da una comunicazione radiotelevisiva che predica errori e impedisce di veder chiaro all’immaginario collettivo.

Invito pertanto come al solito tutti a leggere e studiare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”

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