Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo un inizio non proprio brillante del suo governo, lancia l’idea di una modifica Costituzionale che rafforzi i poteri dell’esecutivo.
Appare strano che un capo di governo, che nella situazione attuale non ha nessun ostacolo nell’emanare i propri provvedimenti, si lamenti di un’insufficienza delle norme per l’esercizio pieno dei propri poteri. Basti pensare che tutti i decreti legge della Meloni, anche se mal scritti e poco condivisibili nei contenuti, sono passati al vaglio del Parlamento che li ha approvati, dunque il Presidente del Consiglio dei ministri non dovrebbe lamentarsi di nulla.
Sembra a prima vista che si tratti di un’azione diversiva per nascondere l’incapacità di risolvere i problemi reali del Paese e soprattutto i problemi del lavoro e della immigrazione.
Se guardiamo alle proposte di modifica che sono state fatte, appare certamente sbagliato, sotto qualsiasi punto di vista, prevedere l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, tenuto conto che l’attuale sistema ha assicurato che fossero eletti Presidenti della Repubblica persone di alto profilo, come l’attuale Presidente Mattarella, che hanno saputo tenere la barra dritta, anche in momenti molto difficili, per il mantenimento della democrazia nel nostro Paese.
Dunque è fuori luogo parlare dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica e a tal riguardo è opportuno tener presente che le masse popolari sono manovrate da una martellante propaganda messa in atto dalle potenze economiche e che in questa situazione potrebbe essere eletto Presidente una persona che non abbia le qualità necessarie per essere neutrale e indipendente.
Viceversa è da ritenere che tra i parlamentari eletti ci siano persone che vogliono realmente il bene dello Stato e che si accordino, come sinora avvenuto, per l’elezione della persona più adatta a svolgere le altissime funzioni di Presidente della Repubblica.
Altra proposta è quella del presidenzialismo alla francese e in relazione a questa ipotesi valgono le considerazioni appena descritte.
Altra tesi è quella dell’elezione diretta del Capo del governo, questa è una vera assurdità che stronca alle radici le fondamenta della democrazia. E per altro consolida una tendenza che si è verificata da tempo, quella dell’uso smodato dei decreti legge, che vengono emessi a prescindere dalle situazioni di necessità e di urgenza.
Semmai, per mantenere l’equilibrio tra i vari poteri, ciò che occorre è obbligare il governo a emettere i decreti legge soltanto nei casi di reale necessità e di urgenza, sancendo un sindacato della Corte costituzionale anche sotto questo aspetto.
Infine altra proposta è quella di aumentare i poteri del Presidente del Consiglio dei ministri come previsto dalla Costituzione tedesca, ma anche questo aspetto, considerato che il governo è l’organo più esposto alle pressioni di singole lobby, accrescere i suoi poteri, come ad esempio quello di far dimettere un ministro, potrebbe essere molto pericoloso.
A queste proposte deve opporsi che la nostra Costituzione ha una propria intima armonia costituita dai pesi e contrappesi tra i vari organi, e mettervi mano significa, in ogni caso, rompere questo equilibrio essenziale per la tenuta della democrazia.
Semmai ciò che è da correggere è la modifica del titolo V della Costituzione, con la quale si è commesso il gravissimo errore di rafforzare oltre ogni limite il potere legislativo delle Regioni, cancellando l’interesse nazionale e, con l’attuazione dell’articolo 116, addirittura ponendo in concorrenza tra loro e con lo Stato le singole regioni. In tal modo sono state poste le basi per una totale distruzione dell’unità e l’indivisibilità della Repubblica (art. 5 Cost.).
Invito rivolto a chiunque legga questo post (spero Paolo Maddalena). Quali “Errori Logici” vi trovate?
Se la “Macchina dello Stato” non funziona (corrotta, perché degenerata in una “Partitocrazia” controllata dalle lobby), è impossibile tentare di ripararla ma è necessario sostituirla con un altro modello.
L’idea di una “partecipazione diretta” di tutta la collettività alla gestione dello Stato è una pia illusione e non sarebbe neppure auspicabile, visto il potere raggiunto dai mezzi di comunicazione nel condizionare le opinioni. Senza dimenticare il fatto che addirittura il 28% degli italiani sono “analfabeti funzionali”, ovvero non sono in possesso delle abilità necessarie a comprendere del tutto e usare le informazioni quotidiane a disposizione. La rappresentanza è pertanto necessaria ma è il modo di realizzarla che necessita di una radicale revisione.
Il tentativo di cambiare la “Macchina dello Stato” è un progetto oltremodo impegnativo ma razionale, coerente e finalizzato. E’ assolutamente certo che troverebbe l’adesione e il consenso del più grande insieme di persone presenti nel nostro paese, ovvero di tutti coloro i quali non vanno più a votare nelle consultazioni elettorali e di quelli che vi si recano solo per scegliere “il meno peggio”! Il nostro paese è riuscito nel 1946 ad effettuare la transizione dalla Monarchia alla Repubblica e quasi il 90% degli elettori partecipò al referendum istituzionale. Perché non si potrebbe tentare ora il passaggio ad una nuova forma di governo, in grado di prevenire le degenerazioni nelle quali è incorso quello attuale?
Provate ad immaginare un Parlamento formato da rappresentanti delle diverse categorie sociali, estratti casualmente, ai quali delegare il controllo dell’operato del governo per un solo anno (questo avveniva già nell’antica Grecia, patria della democrazia). Per convincerli ad accettare il mandato si potrebbe proporre un compenso, differenziato, pari al doppio del loro reddito e la garanzia di ritornare a svolgere la precedente attività dopo aver dedicato un breve periodo della loro vita al “servizio” dello Stato. Si tratterebbe poi di un procedimento analogo alla nomina dei giudici popolari nelle Corti d’assise. L’evidente riduzione dei costi permetterebbe di accorpare le due camere in un’unica assemblea e anche d’incrementare il numero dei rappresentanti. Immaginate che questo Parlamento elegga un Presidente, con un mandato a termine che però potrà essere confermato o revocato da ogni nuovo Parlamento. Immaginate che questo Parlamento, coordinato dal Presidente, non selezioni al suo interno i membri del governo ma tra i migliori professionisti, nei rispettivi campi di competenza, presenti nel paese. Questi ultimi verrebbero “assunti” con dei contratti annuali, rinnovabili in base ai risultati conseguiti (anche il Podestà veniva assunto nei comuni, tra il XII e il XIII secolo, per svolgere le mansioni di governo). Avendo questi soggetti raggiunto il vertice nelle rispettive professioni dovranno evidentemente venire allettati con delle retribuzioni adeguate e, incidentalmente, non ci ritroveremo più dei totali incompetenti come ministri. Il governo da loro formato si confronterebbe in Parlamento con i rappresentanti del popolo, spiegando le leggi che intenderebbero proporre e la loro finalità. I parlamentari sarebbero pertanto coinvolti nell’iter dei progetti di legge e non dovrebbero limitarsi a seguire le “indicazioni di voto” del loro partito, perché non esisterebbero più i partiti! Evidentemente si formerebbero delle aggregazioni spontanee sui vari argomenti in discussione ma sarebbero superate le anacronistiche categorie di “destra” e “sinistra ed azzerato l’enorme costo dei “partiti” che dovrebbero rappresentarle.
Oltre ai partiti, il cancro che ha corrotto il nostro Stato, scomparirebbe anche la figura del “politico di professione” che non ha mai svolto un “vero lavoro” in vita sua. Si ridurrebbe pertanto drasticamente (forse scomparirebbe del tutto) la possibilità d’influire sulla stesura delle Leggi da parte delle lobby e la “Macchina dello Stato” opererebbe finalmente nell’esclusivo interesse della collettività. Il modello di sviluppo della Società potrebbe spaziare su periodi più lunghi della “prossima consultazione elettorale”, perché non si svolgerebbero più delle “elezioni” e pertanto sarebbero “Scienza & Conoscenza” a dettare le regole.
Una simile forma di Governo potrebbe diventare un modello di “Effettiva Democrazia” per tutta l’Europa… e oltre!
Questa, ritengo dovrebbe essere la “soluzione finale”, promuovere la formazione dell’Assemblea Costituente che dovrà progettare una Nuova Costituzione che sviluppi in dettaglio questo modello, del quale sono state esposto delle semplici “linee guida”.
La Nuova Costituzione, verrebbe successivamente “proposta al Paese” nella forma più adatta, probabilmente attraverso un referendum istituzionale.
E’ gradito qualunque tipo di commento…
Gentile commentatore,
grazie per il contributo articolato.
La nostra Costituzione (1948) è un formidabile esempio di congegno di ingegneria giuridica, essendo inoltre la felice spiaggia di approdo e il risultato delle sofferenze che la nostra collettività ha subìto sulla propria pelle durante la Seconda Guerra Mondiale.
Si basa, come ogni costituzione moderna, sul concetto di divisione dei Poteri (Legislativo, Esecutivo e Giudiziario) i quali, ben dovranno convivere e non prevaricare l’uno sull’altro, ma tenersi in equilibrio. Per questo esiste una figura come il Presidente della Repubblica che ha questo precipuo impegno di vigilanza. Ma veniamo alla architettura costituzionale. Prima di tutto c’è da dire che, fatto nuovo e rivoluzionario, la Repubblica è ora concepita come “soggetto plurimo” (ovvero il popolo nella sua interezza) nel quale risiede la sua Sovranità (art. 1), e non come “soggetto giuridico” (lo stato apparato), come in precedenza avveniva nelle costituzioni borghesi (Statuto Albertino).
Il Potere Legislativo, come in ogni democrazia, è demandato al Parlamento, organo Sovrano per effetto del trasferimento della Sovranità di cui in precedenza, passaggio che viene effettuato dal Popolo (art. 1) al momento delle elezioni politiche. In questa occasione, la Costituzione impone una legge elettorale che sia il più possibile rappresentativa (quindi tendente più al metodo cd. proporzionale – art. 1 – che al metodo cd. maggioritario) e che faccia comunque accedere alla carica elettiva ogni cittadino, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali o sociali (art. 3), e soprattutto che permetta di far scegliere al cittadino votante il proprio candidato.
Da poco più di 15 anni ciò non è possibile per via delle legge elettorali incostituzionali (cd. Porcellum, Italikum, Rosatellum, Rosatellum bis) che si sono succedute mano a mano che queste venivano dichiarate tali, e che permettono al cittadino di scegliere solo i pochi soggetti politici (partiti) mentre questi ultimi scelgono da soli i rappresentanti da far accomodare in Parlamento. La compagine Parlamentare dunque, è il FULCRO della nostra democrazia (e delle democrazie in generale), proprio perché qui si estrinseca in maniera diretta la Sovranità, ed è per questo che le è stato assegnato il compito di scrivere le leggi. La Costituzione inoltre garantisce ai componenti parlamentari uno stipendio adeguato (anche al fine di evitare corruzioni) e la conservazione del pregresso posto di lavoro, laddove questo deve essere sospeso per gli impegni parlamentari. Non a caso il Parlamento, esprime la seconda (Presidente del Senato) e terza (Presidente della Camera) carica dello Stato.
Diretta emanazione del Parlamento è invece il Governo (Potere Esecutivo), il cui compito esclusivo è di amministrare la Repubblica secondo le Leggi emesse dal Parlamento. A capo della compagine governativa vi è il Presidente del Consiglio, che peraltro, e solo in casi eccezionali, ha la prerogativa di emettere delle leggi (decreti legge), che dovranno essere sempre giudicate, e nel caso modificate dal Parlamento. I Ministri di questa compagine, possono essere di estrazione politica oppure cd. ‘tecnici’, ovvero professionisti o professori nei rispettivi campi professionali. Si può optare per entrambe le scelte, con la precisazione che i ministri di ‘estrazione politica’, rispecchiano e testimoniano il mandato politico indiretto ricevuto dal Parlamento. Il Governo è legato alla fiducia che il Parlamento, in cui risiede la Sovranità, gli accorda. Non a caso il Presidente del Consiglio è la quarta carica dello Stato. Da quasi 20 anni il Governo si è sostituito al Parlamento nell’emanazione delle Leggi, in maniera quasi esclusiva (per farLe un esempio delle circa 30 leggi emesse dalla presente legislatura, l’attuale Governo ha emesso circa 26 decreti legge) facendo pericolosamente deviare le nostre Istituzioni, in maniera sostanziale, dalla Democrazia.
A garantire poi il rispetto delle Leggi scritte dal Parlamento, sia per i cittadini che per gli Organi dello Stato c’è il Potere Giudiziario (giurisdizionale), consistente negli organi giurisdizionale (Tribunali Corti d’appello, Consiglio di Stato, Cassazione ecc.) e di legittimità (Corte Costituzionale).
A guardia dell’equivalenza dei Poteri appena illustrati la Costituzione pone il Capo dello Stato, cioè il Presidente della Repubblica, figura di unità nazionale, e il cui impegno è di mantenere l’equilibrio tra i Poteri e far rispettare l’architettura costituzionale. Non a caso, la Costituzione gli assegna la prima carica dello Stato.
Ebbene, di fronte a tale architettura concepita, dover adombrare una ennesima riforma costituzionale, così come l’attuale Governo indica, senza peraltro specificare quale sia l’intervento modificatore, se l’elezione diretta del Presidente della Repubblica o quella del Presidente del Consiglio, è sicuramente portatore di ulteriore confusione. Nel primo caso infatti si dovrebbero attribuire al Capo dello Stato nuovi e altri poteri, ma di contro si dovrebbe imporre di lasciare la CENTRALITA’ e il FULCRO al Parlamento (dove risiede la Sovranità, e come peraltro succede in ogni democrazia presidenziale); nel secondo caso invece, e ciò sarebbe una novità assoluta, porterebbe ad una nuova forma di istituzione diversa dalla democrazia: l’OLIGARCHIA.
“Attuare la Costituzione” ritiene che, date lo storture sopra indicate, la risposta non sia dover cambiare la nostra Carta Fondamentale o la forma di governo, quasi fosse un vestito nuovo da provare a seconda della stagione. Le Istituzioni non funzionano (o funzionano male) perché la Costituzione non risponde più ad esigenze democratiche, ma, piuttosto, perché nel tempo si sono concepite e formate queste storture. E non siamo, ahimè, riusciti a difendere il concetto di democrazia che ci siamo dati nel 1948. Riteniamo quindi che, ancora prima di pensare se veramente abbiamo bisogno di una riforma, sarebbe il caso di correggere queste storture: ad esempio con una legge elettorale rappresentativa (cioè tendente al metodo cd. proporzionale), e nel caso, cercando di riportare alla centralità che gli compete il Parlamento (con forme di regolamento parlamentare di raccordo tra le due Camere, come succede, ad esempio, in Spagna); e ancora, per rendere ancora più stabile la Legislatura (il cd. “difetto di governabilità”, a nostro avviso, rappresenta un falso problema: in Francia si son succeduti lo stesso numero di Governi che in Italia, ma la credibilità istituzionale e la forza economica dei nostri cugini, sono fuori discussione), si può suggerire l’istituto della “sfiducia costruttiva”, presente nelle Costituzioni di Germania e Spagna.
Per questo e per altri motivi, La invitiamo a seguirci sui social e sul sito e, se lo ritiene opportuno, di iscriversi per darci ancora più forza.
Il Vice Presidente
Avv. Emanuele Petracca