Quello che emerge con certezza dalla stampa odierna è che domina su tutto una grande confusione.
Sul piano militare si registrano alcuni timidi passi avanti nelle trattative. I termini restano però alquanto oscuri e l’unica cosa certa è che mentre in sede negoziale sarebbe stato garantito un arretramento delle truppe russe a Nord-Ovest dell’Ucraina, le città di Kiev e Chernihiv sono state poste questa notte a un forte bombardamento missilistico da parte dei russi.
Insomma le trattative continuano e continua anche la guerra.
Quello che sorprende maggiormente è la discriminazione che si fa in Europa, ai fini dell’accoglienza dei profughi, profughi unicamente ucraini e profughi di etnie diverse anche se residenti in quel Paese.
Questa discriminazione è effettuata soprattutto dagli Stati del Visegraad, cioè dalla Polonia, dalla Ungheria, dalla Repubblica Ceca e dalla Repubblica Slovacca, i quali accolgono soltanto i profughi di origine ucraina e impediscono l’accesso in Europea anche a chi risiede da tempo in quel Paese nonché ai profughi siriani, afghani e del Medio Oriente facendo temere la riaffermazione di idee razziste, delle quali serbiamo triste e incancellabile ricordo.
E il fatto che maggiormente addolora è che l’Italia, nonostante la direttiva europea inviti i Paesi membri di estendere il più possibile l’accoglienza ai profughi, si è allineata alle posizioni del Visegraad, dando un duro colpo alla credibilità internazionale dell’Italia come Paese democratico che, per Costituzione (art. 3, comma 1, Cost.), non distingue persone in base alla razza.
Un altro punto importante che emerge da quanto è avvenuto in sede di trattative, è che in realtà sono divenuti criteri decisivi gli interessi economici, da un lato della Russia, dall’altro degli ucraini. Infatti il punto centrale della trattativa stessa riguarda il Donbass, che, come osserva la Gabanelli, è un Paese molto ricco per i minerali, il petrolio e i prodotti agricoli che possiede.
E non bisogna dimenticare che è ormai dominante il pensiero unico del neoliberismo, secondo il quale il mercato generale non ha più nessun limite e fa sì che l’istinto di sopraffazione prevalga sulla ragione.
Il modello da seguire è sempre quello di riconoscere autonomia decisionale ai Popoli, di rafforzare le comunità politiche con un proprio patrimonio pubblico, che da noi può esser definito demanio costituzionale, in modo da poter essere autosufficienti e mantenere un livello economico di forza pressoché equivalente nei rapporti internazionali.
La dissoluzione della ricchezza dei Popoli operata dalle privatizzazioni sia russe, che occidentali, e in particolare modo italiane, sono da definire corresponsabili di questo disastro. E, per quanto riguarda la politica italiana, anche dalla confusione di idee che oggi domina nel Parlamento.
Infatti si è persa la bussola di ogni orientamento e non si vuol capire che la salvezza della nostra Nazione sta innanzitutto nel recupero del patrimonio pubblico, ceduto a inetti speculatori.
Oggi, a occhi bendati, si discute dell’aumento della spesa bellica al 2% del Pil, prescindendo dai reali problemi economici che ci affliggono e soprattutto dai doveri di cooperazione nazionale e internazionale, imposti dall’articolo 2 della Costituzione, secondo il quale: “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, ed impone inderogabili doveri di solidarietà, politica, economica e sociale del Paese”.
È questa la bussola da seguire e tutte le discussioni che da questa indicazione prescindono finiscono per essere dannose per gli uomini italiani e per gli uomini di tutto il mondo.
Non dobbiamo dimenticare che il più volte menzionato articolo 11 della Costituzione ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e mira alla costituzione di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni.
Che l’idea di pace e di giustizia domini le menti dei nostri parlamentari anche nelle decisioni odierne sul riarmo al 2%, questione che potrebbero anche far cadere il governo.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”