Il nodo dello scandalo, molto risalente nel tempo, delle concessioni balneari è venuto al pettine. Ieri sera il Consiglio dei Ministri ha deliberato di porre fine a questo stato di cose, ma non si è accorto che scegliendo ancora lo strumento della concessione a terzi mediante gara europea il problema resterà assolutamente insoluto.
Il lido del mare è proprietà collettiva demaniale del Popolo e, in linea di principio, deve essere accessibile a chiunque, dovendosi ritenere giuridicamente possibili soltanto quelle attività che riguardano il migliore uso delle spiagge, con l’affitto degli ombrelloni, delle sedie a sdraio, l’uso del bar, ecc.
Qualora si ritenesse che sia utile al Popolo italiano l’esercizio di una vera e propria industria balneare, tenuto conto che si tratta di proprietà pubblica demaniale inalienabile, inespropriabile e non passibile di concessione (nonostante questo concetto sia tanto diffuso nell’immaginario collettivo), la quale svuoterebbe di contenuto la proprietà pubblica, traducendosi in una sorta di trasferimento temporaneo della proprietà del lido, l’unica formula giuridicamente ammissibile è quella di una cooperazione (ai sensi dell’articolo 45 della Costituzione) tra Comune, che agisce in nome e per conto (e cioè in rappresentanza) della Comunità, e alcuni soggetti privati che vogliano gestire i tradizionali stabilimenti balneari.
Si potrebbe pensare ad esempio a un tipo di società tra Comune e privati i cui ricavi (provenienti dai biglietti d’ingresso e dall’utilizzo di docce, ombrelloni, sedie a sdraio, ecc.) siano gestiti in condizione di parità dal Comune, che rappresenta tutti i cittadini, e gli esercenti degli stabilimenti balneari, considerati come parti della comunità italiana ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, che considera il cittadino sia come singolo, sia come parte della comunità in cui vive, con un sistema di riparto dei ricavi improntato ad equità.
aIn tal modo tutto resterebbe nelle mani del Popolo, considerato nel suo complesso, e non si correrebbe più il rischio, immanente ed attuale, di trasformare le concessioni in uno strumento di guadagno da parte degli stranieri ai danni della proprietà pubblica demaniale inalienabile e incomprimibile del Popolo sovrano.
Si tratta, nella realtà, di un’operazione non facile, specie in riferimento alla cultura giuridica che si è finora affermata, la quale, non rendendosi conto che passandosi dallo Statuto di Carlo Alberto alla Costituzione repubblicana, la natura della appartenenza dei beni cosiddetti pubblici ha abbandonato lo schema della proprietà privata (secondo la quale si giustificano le concessioni), ed è passato allo schema della proprietà pubblica incomprimibile del soggetto plurimo cui appartiene la sovranità: il Popolo.
Ed è per questo che il problema in questione va risolto al di fuori di gare europee, e all’interno di una cooperazione fra tutti i cittadini italiani, veri proprietari pubblici delle zone balneari.
Come al solito ribadisco che tutti i problemi trovano soluzione in base ai principi e alle norme costituzionali e in particolare negli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”