L’ingerenza dell’Unione europea nella gestione delle fonti di produzione di ricchezza dei Paesi membri ha dimostrato, in occasione dello stato di emergenza per il Covid-19, la sua dannosità.
Infatti il primo provvedimento adottato è stato quello della sospensione degli obblighi imposti dal patto di stabilità, con la quale la stessa Europa ha finito per riconoscere che in momenti di crisi questo patto produce effetti dannosissimi.
Tuttavia è rimasto in piedi il divieto di aiuti di Stato, specie nei nostri confronti, non essendo stato applicato nei Paesi più forti economicamente come Germania e Francia, specialmente per quanto riguarda il settore aereo.
Inoltre, su iniziativa delle compagnie low cost, che hanno ricorso alla Corte di Giustizia europea in difesa dei loro particolari interessi, la Commissione europea ci ha imposto molti ostacoli, consistenti soprattutto in una drastica riduzione del personale, per l’istituzione della nuova compagnia ITA, che dovrebbe subentrare ad Alitalia.
Il marchio Alitalia, peraltro, che ha un grande valore economico perché ha un forte credito fra gli utenti, dovrebbe essere venduto con bando europeo.
È una situazione inaccettabile, per la quale, essendo in gioco i diritti fondamentali dei lavoratori e l’esercizio di un’attività strategica per la struttura dello Stato/Comunità, il governo dovrebbe seguire la teoria dei controlimiti proprio della giurisprudenza costituzionale italiana, ed opporre, contro i Trattati, e in particolare l’applicazione del divieto di aiuti di Stato in questa tragica situazione, la validità delle norme e dei principi della nostra Costituzione.
C’è da dire poi che, con provvedimento di ieri, il golden power, e cioè il potere straordinario del governo di intervenire nell’economia relativamente alle industrie strategiche, è stato prorogato (anziché, come era logico, senza limiti di tempo) fino al 31 dicembre 2021 e che di esso si potrebbe anche fare uso in questa situazione.
Non si capisce dunque perché il nostro governo non nazionalizzi Alitalia e insiste nel creare una nuova compagnia aerea nel cui marchio scopare il nome Italia.
Si tenga presente al riguardo, che sul piano europeo, non ha mai giovato la remissività dei nostri governi, ed è arrivato il momento in cui occorre considerare nella sua reale consistenza l’istituto della concorrenza, essendo impossibile che in base ad esso sia ritenuto lecito istituire paradisi fiscali (ritenuti leciti dalla stessa Corte di Giustizia europea), come di fatto avviene in Olanda, Cipro, Malta, Ungheria, Lussemburgo e Irlanda, mentre si ritengono non conformi ai Trattati gli aiuti di Stato concessi in questa situazione di emergenza determinata dal corona virus.
Ed è da sottolineare che i paradisi fiscali, come le azioni di dumping, a stretto rigore sarebbero da considerare forma di concorrenza sleale.
La mia conclusione è sempre la stessa. Occorre dare immediata applicazione agli articoli 1, 3, 11, 41, 42 e 43 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.
È palese che all’Italia viene abitualmente fatto un trattamento di dis-favore mirato=per noi sono proibiti comportamenti, che, invece, è normale vedere praticati da altri Paesi. Nell’inerzia in mala fede dei nostri (molto) cosiddetti rappresentanti politici e, in specie, governanti