Sorprende la notizia dei giornali odierni, i quali pongono in evidenza il braccio di ferro, cui si sta assistendo, tra il concessionario delle autostrade Atlantia e il governo.
Il consiglio di amministrazione di Atlantia infatti ha respinto la proposta governativa secondo la quale Atlantia dovrebbe cedere l’intero suo pacchetto azionario a una cordata formata da Cassa depositi e prestiti per il 40% e a due fondi stranieri, che sono Blackstone (Stati Uniti) e Mecquarie (Australia), per il rimanente 60%.
Soluzione, per altro, niente affatto favorevole agli interessi italiani perché pone in mano straniera la maggioranza delle azioni e soltanto una maggioranza assoluta alla Cassa depositi e prestiti avrebbe garantito gli interessi nazionali.
L’obiezione di Atlantia è che la somma di euro 9 miliardi, indicata come corrispettivo della cessione delle sue quote, dalla predetta cordata, è da ritenere troppo bassa nei confronti della sua pretesa di ottenere 12 miliardi.
Questa contrapposizione è semplicemente assurda. Il punto di partenza erroneo, ed erroneamente interpretato, è il fatto che la privatizzazione della gestione delle autostrade ad Atlantia nel 1999 (governo D’Alema) e la sua formalizzazione poi nel 2003 (governo Berlusconi), ha fatto ritenere ad Atlantia di essere divenuta padrona di questa gestione.
Sfugge ad Atlantia (e a quanto pare anche al nostro governo) che la privatizzazione della gestione delle autostrade si è concretizzata nella concessione “dell’esercizio” di un servizio e non nella concessione “della proprietà” del servizio stesso, altrimenti si sarebbe avuta una lesione della sovranità dello Stato.
Ed è proprio in base alla sovranità dello Stato (quindi del Popolo) che detto ente concessionario è rimasto soggetto ai controlli ministeriali.
Nel caso di specie poi, viene in evidenza una lesione degli interessi pubblici di altissima gravità: il crollo del Ponte di Genova e il decesso di 43 persone.
A questo punto il concessionario non ha da far valere nessun diritto soggettivo ed è sottoposto alla legislazione statale che, nel caso di cui si tratta, implica l’applicazione della più alta sanzione: quella della revoca.
Questa trattativa tra il Ministero e la S.p.A. Atlantia è disdicevole per entrambi, poiché per legge non si confrontano tra loro diritti soggettivi paritari, ma da un lato il semplice interesse legittimo di Atlantia e dall’altro un vero e proprio diritto/dovere del Ministero dei Trasporti, da esercitarsi nel superiore interesse pubblico generale.
Insomma non ci sono margini di trattativa. La concessione ad Atlantia deve essere revocata immediatamente, facendo salvo il risarcimento del danno, mentre ad Atlantia non resta altro che verificare se il procedimento di revoca sia stato eseguito con l’osservanza e le modalità di legge, in questo sostanziandosi il contenuto dell’interesse legittimo.
Quindi qui sono di fronte l’interesse pubblico reale del Popolo sovrano e la speculazione sconsiderata di un privato, il quale, dopo aver arrecato al Popolo italiano ingentissimi danni non ancora rimborsati, pretende di trattare alla pari con l’autorità amministrativa dotata di potere autoritativo.
È ora che si levi forte la voce del Popolo sovrano, ordinando alle due parti di farla finita e di salvaguardare gli interessi di tutti con una revoca immediata (essendone state dimostrate ampiamente le ragioni), e provvedendo alla nazionalizzazione del servizio autostradale.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”