Sull’articolo apparso ieri sulla rivista online tarantobuonasera.it, si legge qualcosa di estremamente allarmante. L’Italia, dopo aver svenduto la gestione logistica del porto di Trieste ai tedeschi, cedendo il 50,1% del capitale sociale della “piattaforma logistica” del porto stesso, si appresta oggi a muovere i primi passi per dare spazio all’imperialismo cinese, il quale mettendo le sue mani sul porto di Taranto, ha iniziato a dare attuazione alla cosiddetta via della Seta, mirando, tra l’altro, a impossessarsi di altri 8 porti italiani di carattere internazionale.
Impressionante il fatto che ieri il Presidente del Consiglio Conte ha asserito di non aver paura dell’invasione cinese, assicurando che la logistica del porto è fermamente in mano italiana. E che tale italianità sarà da lui difesa “con le unghie e con i denti”.
Sfugge al nostro Presidente del Consiglio dei ministri che la cessione della gestione, e conseguentemente dei guadagni, agli stranieri, toglie all’Italia gran parte dei frutti della ricchezza nazionale a lei spettante.
Con la sostituzione delle “Autorità Portuali” con le “Autorità di Sistema Portuale”, avvenuta con legge numero 84 del 1994 (governo Ciampi) e attuata con il decreto legislativo del 4 agosto 2016, n° 169 (governo Renzi), non ci sono forse manager capaci di attuare, con strumenti italiani, una politica di valorizzazione dei tanti nostri porti che sono fonte di produzione di ricchezza?
Perché il governo Conte, anziché dissipare i prestiti europei in mille rivoli non li utilizza per riconquistare le fonti di produzione di ricchezza appartenenti al popolo italiano?
Egli, con questa sua mentalità, che a nostro avviso non ha una base concreta, sta portando l’Italia alla svendita di tutta la sua ricchezza nazionale e il futuro che si prospetta è quello di essere schiavi di un imperialismo cinese, come del resto appare chiaramente dal memorandum sulla via della Seta, firmato qualche mese fa, dal nostro Ministro degli esteri Di Maio.
I politici dovrebbero avere uno sguardo più largo, e capire che oggi, la piccola Italia è diventata vittima dell’espansionismo tedesco, dell’espansionismo francese (che ha acquistato moltissime fonti di produzione italiane tra cui l’acqua del Sud e Piazza Affari), e, come accennato, dell’imperialismo cinese, il quale proprio in territorio italiano si scontra con l’imperialismo statunitense.
L’Italia ha una sola via da seguire: reagire con le proprie forze, emettendo anche moneta di Stato, ed essere lei a decidere l’utilizzo economico dei nostri beni produttivi. Non deve sfuggire a nessuno che dopo l’assassinio di Aldo Moro, tutti i governi ispirati al tracotante pensiero neoliberista hanno distrutto già gran parte delle nostre fonti di produzione di ricchezza, privatizzando beni e servizi, e cioè, oltre alle industrie strategiche, i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia e le situazioni di monopolio.
Finché avremo governi che pongono in essere una politica di così corto respiro e così inadeguati a fronteggiare gli effetti negativi della globalizzazione, non riusciremo ad uscire dall’impasse.
La conclusione è sempre una: attuare, senza tema di smentite, il titolo terzo, della parte prima della Costituzione, dedicato ai “rapporti economici”, tenendo ben presente che i beni e i servizi di cui si tratta appartengono alla proprietà pubblica del Popolo sovrano e sono pertanto inalienabili, inusucapibili e inespropriabili.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
Piaccia o meno, è da un po’ di tempo che le grandi compagnie di navigazione cercano di assumere il controllo dei porti e delle operazioni di terra (handlings e trasporti terrestri) Ben venga l’interessamento dei Cinesi a Taranto, se questo
prelude alla creazione di una piattaforma di transito, ed alla intensificazione dei traffici.
Concordo pienamente alla gestione pubblica dei nostri beni.