Stiamo vivendo una situazione mondiale spaventosamente difficile. La temperatura del globo aumenta con ritmi geometrici, mentre per la prima volta nella storia si è verificata una infezione, quella del corona virus, la cui contagiosità non si era mai vista e che ha investito l’intero pianeta.
Mentre si sciolgono velocemente le calotte polari e i ghiacciai di tutto il mondo, ieri in California si è registrata la temperatura record, mai prima verificatasi, di 54,4 gradi centigradi.
Intanto la situazione sanitaria mondiale appare fuori controllo negli Stati Uniti, in Brasile, in India, in Russia, in Sud Africa e in tutta l’America Latina, mentre l’Europa sta subendo un nuovo assalto della malattia che ha fatto registrare 3000 contagi giornalieri in Francia, seguita da Spagna (che in una settimana ha conteggiato oltre 16000 casi), Grecia, Malta e più in generale da tutta l’Europa dell’est. In Italia, la quale si è distinta per maggiore rigore nell’assumere misure restrittive, l’aumento dei contagi ha ripreso la curva in salita, che negli ultimi tempi si è attestato oltre i 600 casi giornalieri.
La malattia più grave che ha investito il mondo è, tuttavia, quella che ha colpito la mente degli uomini, i quali, corrotti dal principio neoliberista, che pone come fine dell’attività umana, lo sviluppo ininterrotto e continuo dell’economia, e non più il benessere dei singoli e della collettività, sono arrivati persino a negare, con l’adesione di molti, l’evidenza dei fatti.
In questo marasma il Ministro della Salute Speranza e il Presidente del Consiglio Conte hanno decretato la chiusura delle discoteche, nelle quali è impossibile mantenere il distanziamento necessario e che si sono rivelate fonte notevole di altri contagi.
Provvedimento giusto e necessario, che tutela non solo la salute, ma anche l’economia, poiché le malattie, come è lapalissiano, impediscono il lavoro e quindi lo sviluppo economico.
Esempio importante in questo senso è l’Inghilterra, il cui Presidente Boris Johnson è stato il primo negazionista e, dopo aver negato misure restrittive, si è trovato egli stesso infetto, mentre l’intero Paese ha subito, a causa dell’infezione, la più alta perdita economica mai registrata, calcolata in una perdita del Pil del 20,4% nell’ultimo trimestre.
Nella descritta prospettiva non meraviglia il fatto che i gestori delle discoteche si sono opposti alla loro chiusura, senza pensare alla salute dei ragazzi, ma soltanto alla loro temporanea perdita economica.
Il quadro generale al quale si è fatto riferimento dimostra che il mondo intero, ponendo al primo posto l’errata ipotesi della crescita illimitata e del guadagno immediato ha deciso di eliminare se stesso.
È bastata l’infezione del corona virus per dimostrare che lo sviluppo illimitato è praticamente inattuabile e che di fronte ad eventi non previsti, come quello del Covid-19, producono il tracollo immediato dell’intero sistema economico.
L’insegnamento che ci viene dalla storia di questi ultimi mesi è che è urgente ritornare al sistema economico produttivo di stampo keynesiano, il quale pone al centro dell’economia stessa l’individuo e la collettività, cioè il cittadino e il Popolo.
L’aver trasferito la ricchezza del Popolo, con le micidiali privatizzazioni, nelle mani di pochi ha prodotto un disastro di enormi proporzioni e ha posto le istituzioni nella impossibilità di fronteggiare questo evento improvviso, sia sul piano sanitario, sia sul piano economico.
Purtroppo coloro che sono al potere dimostrano di non aver capito questa ineluttabile esigenza e continuano a ragionare in termini neoliberisti, fino al punto, ad esempio, che Trump, di fronte al dramma, cui si è accennato, dell’aumento della temperatura a 54,4 gradi in California, ha autorizzato le trivellazioni petrolifere in Alaska, i cui ghiacci sono quasi scomparsi.
Anche in Italia, nonostante gli sforzi di molte associazioni e di qualche illuminato ministro, la situazione è diventata drammatica sotto il profilo amministrativo, a causa del fatto che per anni molti economisti e eminenti studiosi del diritto amministrativo hanno disconosciuto la primaria soggettività giuridica del Popolo e l’intoccabilità del suo patrimonio pubblico, predicando le privatizzazioni dei beni pubblici, i quali, per appartenere a tutti sono inalienabili, inusucapibili e inespropriabili. Finalità queste che si possono perseguire se si accetta il principio costituzionale dello Stato-Comunità, che affida la gestione dei beni pubblici, in via generale al Parlamento e, in via eccezionale, al potere di ordinanza della pubblica amministrazione.
Il guaio è stato che Parlamento e pubblica amministrazione hanno anche essi seguito la privatizzazione del diritto amministrativo e sono stati incapaci di tutelare il benessere materiale e spirituale dei singoli e della collettività, come prevedono il comma 2, dell’articolo 3 della Costituzione e il comma 2, dell’articolo 4 della Costituzione stessa, posizione questa che ha decretato anche la prevalenza dei Trattati sulla Costituzione: una prevalenza smentita dalla stessa giurisprudenza costituzionale, la quale ha da tempo affermato che quando si tratta della tutela dei diritti umani la Costituzione prevale sui Trattati europei.
Un attacco contro la Costituzione è anche la proposta di ridurre il numero dei parlamentari, che diminuisce la democraticità della rappresentanza politica e aumenta i poteri dell’esecutivo, facilmente dominabile dalla finanza e dalle multinazionali, mentre crea effetti perniciosi sul principio di eguaglianza del voto, come dimostra il fatto, che secondo l’attuale legge elettorale, la diminuzione del numero dei parlamentari comporterebbe, per fare un esempio, che i seggi in Senato assegnati al Trentino passerebbero da 7 a 6, mentre quelli della Basilicata da 7 a 3.
Il che dimostra che modifiche di questo tipo, ispirate al falso problema della lotta alla Casta, non possono essere assunte isolatamente, ma nel quadro generale dell’ordinamento costituzionale.
Si deve, alla privatizzazione del diritto amministrativo, anche l’incredibile situazione che si è verificata per le autostrade, per le quali si procede da tempo a trattative con i Benetton, dimenticando che è nel potere del governo decretare la revoca delle concessioni, se ed in quanto contrarie all’utilità pubblica, come dimostrato dal crollo del Ponte di Genova che ha prodotto 43 vittime.
Si è arrivato all’assurdo della proposta dei Benetton di costituire una nuova S.p.A. per vendere sul mercato generale la gestione delle autostrade pubbliche.
Proposta assurda, che prescinde totalmente dal fatto che le autostrade sono state costruite e appartengono al Popolo italiano e che la gestione di esse non può essere affidata agli speculatori del mercato generale, i quali possono agevolmente comprare le azioni di una S.p.A.. E a questo punto viene in evidenza l’altro crimine della privatizzazione dei servizi pubblici, delle fonti di energia, delle situazioni di monopolio, delle industrie strategiche, dei beni artistici e storici (art. 9 e 43 Cost.), arrivando all’assurdo di mettere all’asta i contenuti delle pinacoteche del Castello Sforzesco di Milano, in modo che la loro proprietà sia impunemente sottratta al Popolo italiano e data al migliore offerente.
Il disegno cui facevamo cenno, dell’autodistruzione della nostra Patria, è ben evidenziato da quest’ultimo fatto denunciato da Tomaso Montanari sul Fatto Quotidiano di oggi.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
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La rivoluzione costituzionale dimenticata. La prevalenza della proprietà pubblica del Popolo di Paolo Maddalena
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