Ci inorgoglisce e porta alto il prestigio dell’Italia l’isolamento del Coronavirus, effettuato dall’equipe dello Spallanzani, formata da donne, una delle quali ricercatrice precaria da oltre 15 anni (ecco come in Italia si premia la ricerca!).
Ci avvilisce invece il comportamento dei governanti delle Regioni Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, i quali hanno vietato l’ingresso a scuola dei bambini cinesi, che peraltro si trovano nelle stesse situazioni sanitarie dei bambini italiani, violando il diritto fondamentale all’istruzione di cui all’articolo 34 della Costituzione, secondo il quale “la scuola è aperta a tutti”, nonché il rispetto dei diritti umani (per i bambini è importante non essere espulso dalla comunità dei loro coetanei), di cui ai fondamentali articoli 2, che sancisce la tutela dei diritti umani, e 3 che sancisce il fondamentale principio di eguaglianza.
Ci immiserisce infine l’atteggiamento di Salvini, il quale è capace di strumentalizzare persino il contagio prodotto dal virulento Coronavirus per insistere nella sua bieca politica contro gli sbarchi di africani (che nulla c’entrano con il Coronavirus) e per l’esaltazione di nefasti pensieri di becero nazionalismo.
Per quanto riguarda la nota questione della prescrizione, a nostro sommesso avviso, il problema di fondo è quello di spostare la decorrenza del termine iniziale dalla “commissione” del reato al momento del verificarsi dell'”evento” in modo conoscibile.
Questo principio, espresso nella forma della prescrizione che decorre dall’inizio dell’azione penale è vigente in quasi tutti i paesi d’Europa, escluse Spagna, Grecia e Italia.
Esso peraltro è conforme alle esigenze di un processo di ragionevole durata e bilancia molto bene il diritto punitivo dello Stato-Comunità con il diritto di difesa dell’imputato.
Sembrano pertanto da abrogare sia l’arzigogolata legge ex-Cirielli, voluta dal governo Berlusconi, sia la legge Bonafede entrata in vigore il primo gennaio 2020.
Per la questione Ilva, i nostri governanti devono capire che le industrie strategiche, se ben amministrate producono altissimi profitti e, piuttosto che pensare a timide compartecipazioni, lasciando che i maggiori profitti vadano all’estero, essi hanno l’obbligo giuridico di nazionalizzare l’Ilva (ai sensi dell’articolo 43 della Costituzione) e di prevedere nell’atto di nazionalizzazione la grave responsabilità degli amministratori pubblici della fabbrica nazionalizzata. La richiesta di risoluzione del contratto da parte di Arcelor Mittal, capovolge dunque la situazione e non ha fondamento.
Anzi per i danni che Arcelor Mittal sta producendo agli operai, con la messa in cassa integrazione di numerosi di essi, alla salute dei cittadini per la mancata adozione del piano di risanamento e al bilancio dello Stato è necessario agire con una precisa azione di risarcimento del danno.
Dunque due sono le azioni che il governo italiano deve compiere: la nazionalizzazione dell’impresa e la richiesta dei danni ad Arcelor Mittal.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
Cosa ne pensa sulle stabiizzazioni dei precari, legge madia e emendamento Speranza