Comincia oggi a Davos la cinquantesima riunione dei capitalisti più potenti del mondo. Il tema del convegno, con finalità probabilmente propagandistica, è “ambiente e sostenibilità”, per il quale è previsto anche un intervento di Greta Thunberg.
In proposito è intervenuto preventivamente l’Oxfam, Agenzia statistica mondiale, che ha posto in evidenza il crescere a ritmi geometrici del divario tra ricchi e poveri.
Tale agenzia afferma che 2153 supermiliardari mondiali hanno un patrimonio di 2019 miliardi di dollari, pari a quello posseduto dal 70% della popolazione mondiale (4,6 miliardi di persone), mentre il restante 30% di essa è in condizione di assoluta povertà.
Non sfugge che il problema ambientale è frutto di questo divario e cioè dell’appropriazione indebita delle risorse naturali da parte di un esiguo numero di persone ai danni dell’intera popolazione.
Il che comporta un enorme sfruttamento delle risorse naturali stesse, che da un lato sono dissipate e sottratte all’uso comune dai super miliardari, i quali sono alla continua ricerca di altre risorse da sfruttare, e dall’altro sono effetto della ricerca spasmodica degli essenziali mezzi di sostentamento da parte dei più poveri, un sistema perverso che porta allo spreco e alla distruzione dell’ambiente.
Un’equa distribuzione della ricchezza, si vuol dire, è la chiave di volta per risolvere questo problema. I supermiliardari hanno finora affermato che il loro arricchimento non può avere mai fine, dimenticando, come ricorda Papa Francesco nell’Enciclica Laudato Si, che le risorse della terra sono “finite” e che la loro ingiusta distribuzione è la causa prima del disastro ambientale.
A Davos sarebbe stato più giusto parlare, anziché di sostenibilità ambientale, delle “cause” che stanno producendo la distruzione della terra e cioè l’ingiusta distribuzione della ricchezza fra tutti gli abitanti del mondo.
Vedremo nei prossimi giorni cosa diranno questi magnati del capitalismo globale, fondato sull’errato dogma predatorio neoliberista, secondo il quale la ricchezza deve essere nelle mani di pochi, tra questi pochi deve esserci una forte competitività e lo Stato, cioè i Popoli, non devono intervenire nell’economia. Il che tradotto in termini pratici significa che da un lato devono esserci pochi supermiliardari e dall’altro uno stuolo infinito di schiavi.
Altra notizia della stampa odierna è il tentativo di Renzi, forte amico dei capitalisti, di far approvare un emendamento al decreto Milleproroghe per evitare la revoca delle Autostrade ai Benetton.
Notiamo in proposito che la disposizione del Milleproroghe, a ben vedere, è già essa troppo a favore dei Benetton, là dove prevede una multa a carico dello Stato a proposito della revoca della concessione.
In termini di diritto infatti, lo Stato non deve nessuna somma di denaro ad Atlantia, e cioè alla famiglia Benetton, poiché in questo caso si tratta di “risoluzione per inadempimento”, ai sensi dell’articolo 1453 del Codice civile, non avendo Atlantia adempiuto agli obblighi di manutenzione ed avendo provocato la morte di 43 persone con il crollo del ponte di Genova.
Quanto all’Ilva, è diventato evidente che la amministrazione straordinaria, pur avendo impiegato enormi somme dei contribuenti per salvare la fabbrica, non è riuscita a risanare il disastro economico-ambientale provocato dalla famiglia Riva, proprietaria dell’acciaieria (e non sappiamo quanto abbia contribuito all’indebitamento anche la società Arcelor Mittal).
A questo punto, considerato che Arcelor Mittal non ha alcuna intenzione di acquistare l’acciaieria, appare evidente che resta aperta una sola strada, tra l’altro la più economica di tutte, quella della nazionalizzazione dell’Ilva, unico mezzo idoneo per ottenere la sua riconversione industriale e salvare i posti di tutti i lavoratori.
Fuori di questa ipotesi si profilano soltanto ulteriori e inutili sprechi di denaro pubblico.
Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”