Il 18 aprile 1947 il Governo De Gasperi (Presidente della Repubblica de Nicola) fondava l’Ente per l’Irrigazione in Puglia, Lucania e Irpinia (einpli), risolvendo così, in modo esemplare, il bisogno di acqua delle regioni dell’Italia meridionale.
Il Governo Monti, ispirato dalle false teorie neoliberiste, in data 6 dicembre 2011 con decreto legge numero 201, articolo 21, comma 10/11, ha soppresso detto Ente e previsto la sua gestione temporanea da parte di commissari.
L’attuale governo, procedendo sula stessa via neoliberista di Monti, ha dato attuazione a dette disposizione, statuendo, all’articolo 24 del decreto-legge n.34/2019 (cd. decreto crescita), che: “A decorrere dalla data di trasferimento delle funzioni di cui al primo periodo del presente comma, i diritti su beni demaniali già attribuiti all’Ente di cui al comma 10 in forza di provvedimenti concessori si intendono attribuiti alla società di nuova costituzione.”
Questa disposizione, come si nota, realizza il fenomeno fraudolento della privatizzazione e cioè il trasferimento di un bene demaniale di assoluta e primaria importanza come, l’acqua, da un Ente pubblico, tenuto a perseguire interessi pubblici, a una società privata, sia pur con partecipazione statale, che è tenuta, secondo il codice civile, a perseguire gli interessi dei soci e non quelli del popolo italiano.
Si precisa che, ai sensi dell’articolo 144 del decreto legislativo numero 152 del 2006 (codice dell’ambiente) “l’acqua è un bene demaniale” e cioè un bene che appartiene al popolo sovrano e che, essendo fuori commercio, e non può essere ceduto ad una società privata.
Anche la captazione e la distribuzione dell’acqua, inoltre, devono essere in mano pubblica, come prevede l’articolo 43 della Costituzione in relazione alla gestione dei servizi pubblici essenziali.
Infatti, non esiste società privata, anche se partecipata da Enti territoriali o da alcuni Ministeri, che sia in grado di attuare la disciplina che il citato articolo 144 del codice dell’ambiente sancisce per la gestione dell’acqua, la quale deve tendere al “rinnovo delle risorse, non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici”, non è chi non veda che se l’Ente gestore è costituito da una società, il cui fine è solo il profitto economico, il perseguimento di questi obiettivi di interesse generale diviene impossibile, e comunque certamente recessivo rispetto all’interesse economico privato.
Privatizzare l’acqua inoltre contrasta con il referendum del 2011, che negò allo Stato il potere di affidare la captazione e la distribuzione dell’acqua a società private, divieto ribadito da due sentenze della Corte Costituzionale.
Nel descritto quadro, è evidente che il riferimento agli Enti pubblici territoriali e ai Ministeri è solo fumo negli occhi e che prima o poi questo bene assolutamente primario per il suo valore umano cadrà nelle mani di singoli privati, molto probabilmente di multinazionali straniere, è ben noto infatti che le S.p.A., anche se al loro interno ci sono partecipazioni pubbliche, possono essere scalate da chiunque.
Questo provvedimento decreta in sostanza la perdita della sovranità nazionale sul bene più essenziale della vita dell’uomo: l’acqua.
È per questo che la privatizzazione in questione viola in pieno numerosi articoli della Costituzione e persino l’articolo 1 secondo il quale “la sovranità spetta al popolo”.
Ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica e a tutti i parlamentari affinché impediscano che questa essenziale e vitale fonte di ricchezza sia sottratta al popolo e trasferita nelle mani di pochi con tutte le conseguenze che ne derivano.
Professor Paolo Maddalena.
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
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