Il rilancio del disegno di legge della commissione Rodotà, passato sotto il nome di disegno di legge dei beni comuni, ha creato un grave equivoco. Quel disegno disconosce la proprietà pubblica del popolo italiano sancita dall’articolo 42 comma 1 della Costituzione ed abroga il demanio e cioè la proprietà collettiva del popolo rendendo titolari dei beni comuni le persone giuridiche pubbliche (enti astratti) e i privati (dunque non il popolo). Viene vanificato così il fine fondamentale che oggi è quello di ritrasferire nel pubblico quello che una insensata politica neoliberista ha trasferito nel privato.
Non serve un inafferrabile concetto intermedio tra pubblico e privato per tutelare i beni comuni, serve invece tornare alla Costituzione che non è stata tenuta presente dal disegno di legge della commissione Rodotà.
Soltanto ampliando la sfera della proprietà pubblica (e anche quella delle servitù pubbliche) i beni comuni possono ampliarsi ed essere gestiti collettivamente. Anziché proporre una legge di iniziativa popolare che riprende quel disegno di legge è opportuno, dunque, come accenna lo stesso Ugo Mattei, costituire un comitato che si autofinanzi per assicurare la partecipazione dei cittadini alla gestione dei beni comuni e fare in modo che questi rientrino sotto la protezione diretta della Costituzione Repubblicana.
In questo caso sarebbe investita anche l’attività statuaria dell’associazione di promozione sociale “Attuare la Costituzione”.
Professor Paolo Maddalena.
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”
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