Le difficoltà che l’Unione Europea pone al varo della manovra finanziaria 2018 per il 2019 dipendono, in una certa misura dalla inesperienza dei nostri governanti, ma anche da cause remote assolutamente non addebitabili al popolo italiano essendo frutto della prepotenza degli Stati più forti, anche europei e del tradimento di molti dei nostri governi.
Sembra evidente che sia in atto un’azione congiunta per spingere l’Italia nel disastro economico. E allora è doveroso porre in evidenza le responsabilità dei governi che ci hanno reso così deboli e incapaci di resistere ai giudizi negativi dell’Unione Europea.
Ha cominciato Andreatta con la lettera del 12 febbraio 1981 a Ciampi governatore della banca d’Italia, con la quale il ministro del tesoro sollevò questa banca dall’obbligo di acquisire i buoni del tesoro rimasti invenduti, con la conseguenza che l’Italia, anziché stampare moneta per pagare i debiti (come fanno USA, Giappone e numerosissimi altri paesi del mondo) si è vista costretta a rivolgersi al mercato generale, il quale ha alzato i tassi di interesse sin oltre il 25%. Ora si può affermare che tutto il debito che ci viene ascritto come effetto di sprechi è invece dovuto alla speculazione finanziaria.
Da quel momento l’Italia si è posta sotto le forche caudine, concretizzatesi poi nella moneta unica. In pratica è stata impedita degli investimenti produttivi e ha cominciato . a pagare i suoi debiti, privatizzando i beni essenziali del popolo e svendendo beni e servizi di carattere pubblico.
Tutto questo secondo gli insulsi principi della teoria neoliberista che aveva promesso ricchezza e benessere per tutti contraddittoriamente sostenendo l’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi.
Gli effetti di questo scellerato odo di pensare sono ora sotto gli occhi di tutti e l’Italia appare in Europa come un povero che chiede l’elemosina. Occorre che gli italiani si sveglino, abbandonino la loro indifferenza e si rendano conto che la nostra salvezza sta nel cambiamento della politica economica che anziché svendere le fonti di produzione di ricchezza a singoli privati italiani o stranieri proceda a investimenti di utilità sociale come il ristabilimento dell’equilibrio idrogeologico dell’Italia e le bonifiche ambientali.
Il successo dei 5 Stelle faceva pensare a una politica di questo tipo, ma il comportamento dell’attuale governo, soprattutto di Salvini, ha dimostrato che la politica italiana non è affatto cambiata e continua a tartassare i deboli e a svendere i beni e i servizi produttivi di ricchezza che sono di proprietà collettiva del popolo italiano.
Le prospettive non sono rosee e non sappiamo come finirà il processo di approvazione della manovra da parte dell’unione Europea.
Comunque c’è un punto essenziale da reclamare: occorre che i mass media, televisioni in primo piano, facciano capire a tutti che la colpa del disastro è dell’attuale sistema predatorio neoliberista e occorre ricostituire il patrimonio pubblico del popolo italiano che è stato dissipato donando pezzi di esso a immeritevoli soggetti e società singoli.
A questo punto sarebbe possibile pensare a un’uscita dell’Italia dalla zona euro, pur restando in Europa come Stato in deroga (come era l’Inghilterra prima della Brexit). L’Unione Europea infatti è una necessità storica, mentre, come diceva Latouche, la moneta unica è “la volpe nel pollaio”. Lo impongono gli articoli 41, 42, 43 e 44 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Professor Paolo Maddalena.
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”