Chi fugge dal proprio paese attraversando con innumerevoli rischi il deserto, rischiando di cadere nelle mani di sopraffattori o di essere rinchiusi nei centri libici, nei quali si pratica la tortura, lo stupro e ogni altra sorta di sofferenza e si imbarca su natanti di fortuna rischiando la vita in mare, certamente non lo fa per diporto, ma lo fa perché è costretto dalla fame (prodotta dalle multinazionali devastatrici) e dall’assoluta privazione di libertà prodotto da governi tirannici (assoggettati alle suddette multinazionali).
Chiudere i porti addirittura a una nave della Guardia Costiera che per il diritto del mare è di per sé suolo italiano vuol dire violare in pieno l’articolo 2 della Costituzione secondo il quale “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabile dell’uomo”. È inoltre un atto politicamente criminogeno che spinge gli italiani all’odio razziale e sui cui profili di illiceità dovrà pronunciarsi il giudice penale. Occorre che le forze sane del paese, sull’esempio di quanto già fatto da Libera si mobiliti per sconfiggere questo atteggiamento disdicevole per la dignità e l’onore di tutti gli italiani.
Paolo Maddalena