Boschi e Foreste

Boschi e Foreste

Boschi e Foreste, un decreto contro la vita

Lo schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l’armonizzazione
della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in attuazione dell’articolo 5 della
legge 28 luglio 2016, n. 154, corona degnamente una intera legislatura, che si è distinta per aver
favorito al massimo le multinazionali (si pensi, per fare solo un esempio, al dono effettuato dalla
legge detta Sblocca Italia alla Total di sfruttare le risorse petrolifere italiane dell’Adriatico fino al loro
esaurimento) e per aver arrecato ingentissimi danni al Popolo italiano.
Si tratta di uno schema errato in diritto, e contrario alla Costituzione sotto vari profili. Ci limitiamo
soltanto ad alcune brevi considerazioni che danno la misura di questo sconvolgente schema di decreto.
L’art. 1 comincia con una affermazione che dispone favorevolmente il lettore, ma che già contiene in
sé il germe della contraddittorietà alla quale si informa l’intero decreto. Esso afferma che “lo Stato
riconosce il patrimonio forestale nazionale come bene di rilevante interesse pubblico, nonché il suo
ruolo multifunzionale e il fondamentale contributo della silvicoltura, quale elemento funzionale alla
tutela e gestione attiva del territorio, allo sviluppo socio-economico, alla salvaguardia dell’ambiente,
del paesaggio e dell’identità culturale della Repubblica italiana”. Parlare di “patrimonio forestale
nazionale come bene di rilevante interesse pubblico” è un dato certamente accettabile, ma che non
spiega il vero significato che deve essere attribuito alla parola “patrimonio forestale nazionale”. La
parola “patrimonio”, dal latino “patrem” “monet”, indica il padre, cioè, in ultima analisi il
“proprietario”. E allora, di fronte all’affermazione che il “patrimonio forestale” è “nazionale”, la
conseguenza da trarre è che la “Nazione” è “proprietaria collettiva” delle foreste.

Ma come la mettiamo, se pensiamo che le foreste sono pubbliche e private?
Su questo punto la proposta di decreto tace, e dimentica che la Corte costituzionale (sentenza n. 105
del 2008), ha parlato di “bi-appartenenza” della “cosa” “bosco o foresta”, ponendo in rilievo che su
questa “cosa”, di tanto rilevante valore, insistono due beni giuridici “il bene economico”, che può
essere anche di proprietà privata, e il “bene ambientale”, che è sempre e in ogni caso di “proprietà
collettiva del Popolo a titolo di sovranità”. Se lo schema avesse tenuto conto di questa sentenza, forse
la definizione di “patrimonio forestale nazionale” sarebbe stata più approfondita e convincente.
Tuttavia, quello che maggiormente colpisce è il dato contraddittorio tra questa proclamata, diciamo
così, “appartenenza nazionale delle foreste”, con la “prevalenza” che viene data, non alla “tutela”
ambientale, ma “allo sviluppo socio-economico”, concetto che è ripreso dal comma 3, lett. c), dello
stesso articolo, nel quale si legge che “fine del decreto è quello di “incrementare la valorizzazione
economica del patrimonio forestale e il sostegno alle sue filiere, al fine di garantire il presidio socioeconomico
e lo sviluppo delle aree rurali, interne e montane, promovendo attività imprenditoriali
sostenibili, conciliando l’approvvigionamento dei beni e dei prodotti forestali con la tutela ambientale
e paesaggistica e l’erogazione di servizi ecosistemici”.
Qui lo schema svela il suo vero intento: quello che si vuole perseguire è la “valorizzazione
economica”, “promovendo attività imprenditoriali”. E’ vero che si aggiunge l’aggettivo “sostenibili”
(riferito a “attività imprenditoriali”), ma è da tempo che gli ecologi di tutto il mondo stanno
affermando che le soglie di “sostenibilità” della Natura sono state del tutto superate, e che dal 12
agosto 2012 la Terra non riproduce più (la cosiddetta resilienza) tutto quello che viene distrutto. Come
si fa, dunque, a parlare ancora di “sostenibilità”?
Nel prosieguo, poi lo schema getta via ogni velo: occorre “conciliare” l’approvvigionamento dei beni
e dei prodotti forestali con la tutela ambientale, paesaggistica e l’erogazione di servizi eco sistemici”.
“Conciliare”, vuol dire “fare reciproche concessioni”, vuol dire cioè continuare a distruggere
l’ambiente. E’ di questo, dunque, che si deve tener conto.

Potremmo andare avanti in questa direzione, ma si è detto quanto basta per affermare che questo
schema di decreto legislativo è contro la Natura (non si tiene in alcun conto che non esiste solo la
silvicoltura, e che la Natura può ben fare a meno dell’intervento umano diretto alla produzione di
merci agricole per tutelarsi). E dire contro “Natura” (participio futuro del verbo “nascor”), vuol dire
andare contro la “vita”, che è “una”, sia per il mondo vegetale che per quello animale, al quale gli
uomini appartengono.
Schemi di decreti legislativi come questo, sono, dunque, del tutto irragionevoli, sono contro la vita
delle piante, degli animali e degli uomini.
In ogni caso sono contro lo spirito della Costituzione e contro sue precise disposizioni. Il “progresso
spirituale della società” (art. 4, comma 2, Cost.) non si ottiene certo subordinando l’interesse
economico a quello ambientale e naturalistico.

Inoltre è palese la violazione dell’art. 9 Cost., secondo il quale ogni “conciliazione” che implichi una
diminuzione della tutela del paesaggio è inammissibile (vedi sentenze nn. 151, 152 e 153 del 1986,
della Corte costituzionale), ed altrettanto è da dire a proposito della tutela della salute (art. 32 Cost.),
“diritto fondamentale del cittadino e interesse della Collettività”, che non può essere compromesso
da manomissioni della Natura per fini di profitto “imprenditoriale”. Infine definitivamente
compromesso è l’art. 117, comma 2, lett. s), che considera preminente la “tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema”.
Ce n’è abbastanza, affinché il Presidente della Repubblica non firmi questo decreto e lo rinvii al
Governo, affinché lo renda corretto giuridicamente e soprattutto conforme alle norme fondamentali
della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

Paolo Maddalena

One Response

  1. Professore sto leggendo Scardovelli e ho letto ammirato la sua prefazione. Grazie. Opero nel settore e mi permetto di farle osservare, se vorrà degnarsi, di inoltrarle alcune considerazioni che sono fiducioso possano darle possibilità di rivedere alcune sue convinzioni. Il patrimonio boschivo è aumentato in Italia negli ultimi trenta anni e il suo sfruttamento è talmente puntuale e monitorato da geologi, Regioni, istituti per il legno ecc e Arpa che non rischia assolutamente nulla. Sono con Lei nelle considerazioni generali e di principio nel settore in cui Ella è luminare. Ma nel micro merito oserei dire tecnico scientifico no, tanto mi sentivo di volerle riferire per amore della… verità. E mi scuso se magari abuso di questo termine. Con infinita stima.

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