La geografia della Puglia rischia di essere stravolta dalle modalità di gestione della cosiddetta “emergenza Xylella” e, in particolare, dalle misure adottate per la lotta alla Xf che trattano gli alberi come oggetti e il territorio alla stregua di un “contenitore” dal quale “rimuovere” gli elementi indesiderati, senza considerare le relazioni delle piante con il resto dell’ecosistema e della società. Ma andiamo per ordine.
Come nasce il problema del disseccamento degli ulivi?
I sintomi del disseccamento sono stati osservati nel Salento occidentale fin dal 2004- 2006. Nel 2013, subito dopo il ritrovamento del batterio Xylella fastidiosa (Xf) nell’area di Gallipoli, tali sintomi sono stati attribuiti a un insieme di concause (funghi, rodilegno giallo, Xf) – che portò alla denominazione del «complesso del disseccamento rapido dell’olivo» (CoDiRO) – agronomiche (mancanza di potature e di cura del suolo) e ambientali (abuso di prodotti chimici). Al riguardo,
fra il 2003 e il 2008, è stata registrata una distribuzione anomala di erbicidi nella provincia di Lecce e Brindisi (ovvero superiore a quelle delle altre province pugliesi pur avendo una superficie agraria di gran lunga inferiore a quella di Bari e di Foggia) che, nella sola provincia di Lecce, nel 2007 ha raggiunto la punta di 5,36 kg/ha, una quantità ben superiore a quella (4,5 kg/ha) che nel 1974 aveva causato il disseccamento degli ulivi sempre nell’agro di Gallipoli. A questo deve aggiungersi la presenza nelle prime aree focolaio di
campi sperimentali per testare l’efficacia di fitofarmaci pericolosi per l’ambiente. Purtroppo, a fronte di tali anomalie e della correlazione scientificamente provata fra uso di prodotti chimici, malattie delle piante e diffusione dei patogeni (con riferimento specifico anche alla Xf), non risulta essere stato disposto alcun accertamento in tal senso. Nondimeno, l’attenzione è stata concentrata sulla Xf, la cui eradicazione è divenuto obiettivo centrale delle politiche istituzionali benché non ci fosse evidenza scientifica della correlazione fra disseccamento e presenza del batterio e benché nessun altro Paese al mondo sia riuscito a eradicare il batterio. La mancanza di nesso
fra il disseccamento degli ulivi e la presenza del batterio è dimostrata da diversi studi anche con riferimento specifico alla Puglia (Scortichini e Cesari, 2019). Del resto, il rapporto fra le piante risultate positive al batterio e il numero totale di piante monitorate (secondo i dati resi pubblici), ha mostrato nel tempo valori contenuti e percentuali abbastanza simili negli anni, intorno al 2%. Tali percentuali sarebbero confermate anche dai risultati di quelle che possono essere equiparate ad analisi a campione, come quelle disposte dalla Società TAP nel 2017 al fine di richiedere l’autorizzazione allo spostamento degli ulivi ubicati in piena zona infetta (agro di Melendugno): su 215 piante sottoposte ad analisi molecolari, quattro sono risultate positive, ovvero l’1,86%; nel 2018, su 404 piante analizzate tre sono risultate positive alla presenza del batterio, ovvero lo 0,74% . L’evidenza mostra che olivi con i sintomi del disseccamento (anche positivi al batterio) sono tornati in pieno stato vegetativo e produttivo attraverso misure disposte sulla base di protocolli scientifici, nonché di metodi empirici.
Quindi diversi studi scientifici hanno dimostrato che gli ulivi disseccati si possono curare!Quali sono le misure adottate dallo Stato e dalla Regione Puglia, di lotta al batterio?
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abbattimento di centinaia di migliaia di olivi anche plurisecolari e millenari (infetti e anche non infetti se presenti nel raggio di 100 metri, ora diventati 50 metri, dalla pianta infetta nella zona cuscinetto); •
obbligo di uso di insetticidi per l’eliminazione dei vettori della Xf, pericolosi per la salute e molto tossici per gli organismi acquatici, con effetti dannosi su insetti impollinatori e predatori naturali, e per questo messi al bando dalla Comunità europea; •
divieto di reimpianto di piante autoctone ospiti (fra cui olivi, mandorli, ciliegi). Queste misure sono state adottate contrariamente al parere scientifico
dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare)
del 2015 nel quale si ribadisce che
l’eradicazione «non è un’opzione di successo» una volta che una malattia si è stabilita in un’area
«come nel caso pugliese» e nel quale si sostiene che l’uso di
insetticidi, lungi dal produrre l’eradicazione dei vettori autoctoni, se applicato su larga scala, potrebbe indurre lo
sviluppo di resistenze e, quindi, una maggiore diffusione di parassiti dannosi, oltre che
problemi all’ambiente e alla salute umana. Queste misure comportano il danneggiamento irreversibile della biodiversità, degli equilibri ecosistemici e del paesaggio, nonché l’economia locale a questi connessa.
La situazione si è poi aggravata con la deroga al divieto di reimpianto disposta per sole due varietà di olivo, di cui una non autoctona e autosterile (il Leccino) e l’altra brevettata (FS-17), adatte a
impianti intensivi e superintensivi sostenuti da finanziamenti pubblici seppur definiti dal
Ministero dell’Ambiente “sussidi ambientalmente dannosi” (SAD) in quanto incentivano «un reimpianto con piante tolleranti al batterio che favorisce una riduzione di diversità di specie esponendo le stesse a nuove epidemie in futuro». Inoltre, fra le deroghe non rientra la varietà autoctona Coratina che, sulla base degli esperimenti scientifici effettuati, in laboratorio e in serra, risulta molto meno interessata dal disseccamento rispetto al Leccino. Perché? Non è dato saperlo. Quello che però sappiamo è che il combinato disposto di tali disposizioni produrranno omologazione colturale, sostituzione dell’agricoltura tradizionale con quella industriale, dei contadini con le macchine, distruzione del paesaggio e dell’ecosistema caratteristici della Puglia e conosciuti in tutto il mondo.
Quali sono gli scenari?
L’implementazione di tali misure porterebbe da un lato alla “liberazione” del suolo dalla presenza di ulivi plurisecolari (precedentemente vietato da leggi nazionali e regionali) e del territorio dall’economia locale contraddistinta dalla piccola proprietà a conduzione familiare, dall’altro alla riorganizzazione del territorio e del suolo “liberato” che potrebbe così diventare così disponibile per nuovi impieghi in linea con le logiche e gli interessi imposti a livello istituzionale. Oggi, ad esempio, continua l’abbattimento di alberi plurisecolari e monumentali che vanno ad alimentare
centrali a biomasse, mentre il suolo viene impiegato per impiantare
oliveti superintensivi con varietà brevettate e si moltiplicano le richieste di autorizzazione per
campi fotovoltaici, eolici e progetti per la costruzione di resort extralusso con annessi campi da golf! Lo scenario è la trasformazione delle campagne in campi agro-industriali ed energetici gestiti da grandi società del business.
Cosa possiamo fare?
Attestata la mancanza di correlazione fra disseccamento e Xf, posto che la principale causa del disseccamento è da rintracciare nello stato di salute della pianta e, dunque, del suolo, considerato l’utilizzo di pesticidi utilizzati in campi sperimentali e di erbicidi impiegati in quantità esorbitanti rispetto ai trend attesi (come attestano i dati ISTAT sulla distribuzione dei prodotti fitosanitari),
il Prof. Paolo Maddalena e i giuristi dell’Associazione “Attuare la Costituzione” hanno congegnato un’azione che punti a favorire il
ripristino del danno ambientale causato al territorio pugliese.L’AZIONE GIURIDICA.
Questa azione si basa sulla previsione del codice dell’ambiente (d. lgs. n. 152/2006) che, mediante gli articoli 309-311 e ss., offre un mezzo risolutivo attraverso il quale è possibile richiedere (in caso di mancata attivazione in via locale) allo Stato, per mezzo del Ministero dell’Ambiente, attesa la gravità della situazione, il ristabilimento di ciò che è stato provocato fino ad adesso mediante il rimedio giuridico dell’
esecuzione in forma specifica. Questo istituto permette attraverso un ordine del Giudice di
intimare e
costringere il referente previsto dal Codice dell’Ambiente, cioè
il Ministero, a dover compiere tutti quegli atti o piuttosto, a riprodurre gli effetti del ripristino della situazione antecedente al danno; in particolare, cioè a
tener conto di tutti quegli
adempimenti necessari affinché si vada verso la
direzione che conduce al
controllo del disseccamento aumentando, al contempo,
la resilienza delle piante e dell’ambiente circostante. Allo scopo l’azione è corroborata da una perizia collegiale interdisciplinare a firma del Prof. Marco Nuti, del Prof. Giusto Giovannetti, del Dott. Marco Scortichini, del Dott. Giovanni Pergolese, del Dott. Michele Saracino e del Dott. Giorgio Doveri.
I legittimati attivi a proporre l’azione sono le persone fisiche e le associazioni in ossequio alla cosiddetta “actio popularis” di stampo romano in quanto, cittadini ed interessati sono depositari dell’interesse collettivo previsto dalla Costituzione (art. 2), attraverso il quale è possibile richiedere il rispetto di un diritto fondamentale come facenti parte del “tutto” cioè della “collettività”.
La proposizione dell’azione è quindi
aperta a tutti i cittadini coltivatori e ai residenti delle Province interessate, alle associazioni ambientaliste riconosciute.
Il sostegno all’azione è invece aperto a tutti i cittadini che hanno a cuore la tematica. Poiché l’azione da proporre è totalmente gratuita da parte dei professionisti che difenderanno la moltitudine dei ricorrenti, le somme raccolte saranno accantonate e destinate esclusivamente per sostenere le spese vive del processo e per far fronte alle eventuali possibilità di soccombenza. Si precisa che in caso di raggiungimento della somma prefissata dal
presente crowdfunding, e in caso di soccombenza ma senza condanna al pagamento delle spese, le somme raccolte saranno utilizzate esclusivamente in progetti per il ripristino delle funzioni vitali del suolo e il recupero degli ulivi secolari dissecati.
Attuare la Costituzione